Frodi carburanti, la relazione di Bonaventura Sorrentino al Convegno Oil&nonoil

Ritardi del legislatore, processi lenti e complicati, norme complicate e interpretabili, acquiescenze degli operatori. L’intervento dell’avvocato Bonaventura Sorrentino al convegno sull’illegalità svoltosi martedì alla manifestazione Oil&nonOil di Verona (v. Staffetta 09/10).

Il numero rilevante delle indagini e dei processi in corso per frodi fiscali nel settore petrolifero denuncia un fenomeno criminoso consolidatosi negli anni, come sapete, gravissimo, per le conseguenze sull’Erario e sul mercato, complesso nella sua articolazione, difficile da arginare che, contrariamente da come riportato su taluni media, coinvolge tutto il territorio nazionale, spesso con ramificazioni internazionali anche ai massimi livelli criminali; … prodotto che arriva dalla Croazia, dai Paesi dell’est, fino alle triangolazioni con la Libia. Questo è il quadro. Per gli stessi inquirenti è risultato fino ad oggi difficile districarsi: per la complessità della materia, per la inadeguatezza delle norme, per la eterogeneità dei sistemi di frode.

Ne è prova la “durata” delle indagini della magistratura che anticipano l’udienza preliminare; tant’è che sono pochissimi i processi importanti portati a sentenza e pochi quelli che sono arrivati alle udienze preliminari.

Forse, ma è solo una mia riflessione, proprio in considerazione della “complessità della materia”, la magistratura così come si avvale di investigatori specializzati, dovrebbe supportare più efficacemente il coordinamento “tra collegi giudicanti esperti in materia”, sostanzialmente coordinarne la trattazione, magari su tutto il territorio nazionale.

Dunque una situazione “processualmente” rallentata che, nonostante gli sforzi della magistratura e delle Istituzioni dedicate, da un lato rischia di allontanare, nel tempo, il risultato auspicato di un tempestivo ridimensionamento del fenomeno anzi addirittura involontariamente potrebbe favorirlo, consentendo agli indagati di perpetrare una operatività fraudolenta… magari sotto “mentite spoglie”; dall’altro, più raramente, ma accade e potrebbe ancora accadere, la lentezza delle indagini in sede processuale, comporta, per imprenditori coinvolti nella fase indagatoria, ma estranei al disegno criminoso, il rischio di subire provvedimenti cautelari reali (ad esempio sequestri dei depositi) che possono portare alla messa in liquidazione della azienda, ancor prima della udienza preliminare.

Quello che voglio dire è che gli sforzi encomiabili degli inquirenti e della Amministrazione Finanziaria non sempre sono stati supportati da norme chiare ed esaustive anche nella loro applicazione, che consentissero “una tempestiva verifica delle responsabilità” e, se disattese, anche un uso di sistemi preventivi e repressivi applicabili nella immediatezza ma normativamente regolamentate.

Stiamo parlando di un fenomeno criminale rilevante che ha creato un binario di illegalità parallelo e crescente. La percentuale di incidenza sul mercato legale è notevole seppure, a mio giudizio, forse sottostimata nei dati ufficiali (10%), ma è solo una mia considerazione.

Chiaramente, parliamo di una realtà allarmante seppure precedente alla recente stretta normativa; si auspica che le nuove regole possano, se non debellare, quantomeno ridurre il fenomeno. Nella immediatezza non mi sembra che ciò stia accadendo od almeno non con la tempestività auspicata.

Il legislatore sembra ancora lontano dall’emanare provvedimenti che colpiscano in modo letale il fenomeno, consentendo una facile ed immediata applicazione degli stessi.

Le frodi fiscali nel settore petrolifero sembrano, ogni volta, risorgere dalle proprie ceneri, come l’araba fenice.

Il punto è che il legislatore si è mosso con estremo ritardo, ha preso coscienza della reale entità del fenomeno solo di recente su pressione degli operatori onesti e delle associazioni rappresentative.

Per quanto mi riguarda mi sono professionalmente occupato di frodi fiscali nel settore, per la prima volta in un processo importante più o meno 15 anni fa e nel tempo ho visto l’incrementarsi di sistemi fraudolenti in modo esponenziale: false dichiarazioni di intento, fittizie esportazioni importazioni con nazionalizzazione da parte di società cartiere, frodi sui cali, falsa denaturazione di prodotto agevolato; di tutto, praticamente un binario commerciale in parallelo, con una percentuale di prodotto illegale in crescita nel tempo, a fronte di un impegno serrato degli investigatori.

A mio giudizio se non si comprendono le cause o le concause del fenomeno riesce difficile debellarlo; sicuramente il fenomeno si è ulteriormente incrementato con il decreto Monti del 2012 e dunque con la liberalizzazione nelle forniture ed a seguito di un sempre maggior gravame fiscale sui prodotti energetici, concause che hanno consentito (come ha detto Roberto Di Vincenzo) “l’apertura delle porte della città al cavallo omerico dal cui ventre sono scesi una miriade di operatori… capitani di ventura… senza alcuna storia od esperienza nel settore… con la propensione a violare sistematicamente le regole di mercato e non”. E così è stato! Una realtà delinquenziale che arriva ai massimi livelli creando una rete criminale difficile da debellare.

Non voglio certo dire che il decreto Monti sia stato causa del fenomeno ma una condizione che involontariamente ha favorito l’insinuarsi nel mercato dei carburanti dove ovviamente era già presente la criminalità organizzata, di imprenditori improvvisati e “sedicenti trader” che, approfittando dei nuovi spazi e delle nuove opportunità legate alla liberalizzazione, hanno ampliato il fenomeno creando nuovi sodalizi criminali a danno dell’Erario e degli imprenditori onesti che si trovano a dover contrastare una concorrenza imbattibile sui prezzi del prodotto.

Un sistema fraudolento che danneggia anche i consumatori per la scarsa qualità del prodotto immesso sul mercato.

La cosa veramente grave è che si viene a creare una forma di “acquiescenza di fatto” anche da parte di operatori del settore che, di certo, non fanno parte di realtà per indole dedite alle frodi, ma di un contesto laddove il prezzo proposto dalla malavita spesso diventa a fortiori una scelta indotta, considerando che un “platts di mercato” porta, in concorrenza con un prodotto proveniente da frodi, ad una sconfitta spesso letale in termini di concorrenza.

Basti pensare che in sede processuale, già “all’interrogatorio di garanzia” dati alla mano, gli imprenditori imputati dichiarano che scelte diverse di acquisto rispetto alle proposte dei sedicenti trader non renderebbero competitiva la loro attività, anzi la condannerebbero al fallimento.

Sostanzialmente la tesi difensiva, assolutamente non condivisibile, è che in questo doppio mercato, chi non rispetta le regole finisce per avere un vantaggio competitivo nei confronti di operatori onesti che alla fine dichiarano anche davanti ai magistrati di non avere avuto scelta.

“Così fan tutte” di Mozartiana memoria!

In sintesi, se l’illegalità, oltre a danneggiare l’Erario, porta a prezzi del prodotto al di fuori di ogni corretta logica concorrenziale, avvantaggiando chi ne fa uso consentendogli di occupare nuovi spazi di mercato, come effetto domino la scelta per molti è stata quella di ritenere di non potersi non adeguare, dunque una pletora di potenziali evasori a supporto della illegalità praticata da sedicenti trader e contrabbandieri.

Una realtà gravissima che mi ricorda la tesi dei contrabbandieri di sigarette a Napoli negli anni ‘60.

D’altro canto e su un altro versante, gli imprenditori onesti che non si adeguano pretendono strumenti di tutela; chiedendo come possono tutelarsi, quali strumenti hanno a disposizione per poter dimostrare, nelle ipotesi di un coinvolgimento, la propria inconsapevolezza del disegno criminoso. La inconsapevolezza è, giuridicamente, la parola chiave per la difesa e si sostanzia nel dover dimostrare di aver fatto tutto il possibile per poter ritenere affidabile il fornitore e legittimo il trasferimento della merce. Praticamente un ruolo ulteriore addirittura investigativo che può creare insicurezza anche ad imprenditori onesti s cui questo ruolo non compete e non gli si addice.

La Corte di Giustizia Europea con sentenze del 2012 e del 2013 ha ribadito che la buona fede dell’operatore è presunta affermando che “spetta alla Amministrazione Finanziaria dimostrare che il soggetto passivo avrebbe dovuto essere a conoscenza dell’esistenza di un evasione e gli elementi di prova devono essere obiettivi e non possono ricondursi a connotazioni circa lo stato soggettivo di chi fattura l’operazione…” (a contrariis la Cassazione con sentenza del 2017… che riconosce la validità di elementi presuntivi)

La magistratura, a sua volta, usa gli strumenti che ha a disposizione, come la imputazione per l’associazione a delinquere, qualche volta, di stampo transnazionale finalizzato alla evasione; un capo di imputazione che spesso viene a cadere già nelle prime battute del processo ma qualche volta usato in quanto consente in maniera più elastica ad esempio l’uso delle intercettazioni o di provvedimenti cautelari stringenti; oppure contesta il reato di ricettazione (considerando il prezzo di acquisto) anche questa imputazione il più delle volte discrepante rispetto alle condizioni richieste dalla legge per la ricettazione.

Ma queste sono considerazioni da “avvocato difensore”.

Dunque ci si aspettava una mano dal legislatore che, ancor prima della legge di Bilancio 2018, qualche cosa di concreto ha cominciato a fare, ma combattere un fenomeno delinquenziale che non si appoggia semplicemente a malavitosi ma che ha di fatto piegato anche parte della imprenditoria, richiede, per una strategia in contrapposizione ogni provvedimento necessario che tenga conto di questa peculiarità.

Passiamo a una rapida disamina dei nuovi provvedimenti e delle rispettive carenze, quantomeno applicative. Ad esempio: la deroga all’obbligo di versamento dell’imposta precedente alla immissione in consumo da deposito fiscale o di estrazione da destinatario registrato, attraverso deposito polizza fideiussoria, non chiarisce elementi essenziali della procedura, creando problemi alla stessa Amministrazione Finanziaria in fase applicativa con riferimento alla corretta quantificazione della base imponibile su cui computare il valore della polizza e se la stessa debba o meno tener conto anche della somma corrisposta per il servizio reso dal gestore visto il tenore letterale della norma.

In sintesi il legislatore si è orientato principalmente: su una sorta di presidio digitale delle transazioni di filiera; nel prevedere requisiti e condizioni più stringenti per i depositi fiscali, i depositi registrati ed i depositi conto terzi; nelle nuove procedure di immissione in consumo da depositi fiscali a fronte di avvenuto pagamento dell’imposta o deposito di polizza fidejussoria, prevedendo una responsabilità solidale del cessionario in caso di omesso pagamento dell’imposta da parte del cedente, con l’istituzione della Anagrafe degli impianti.

Il punto è che molte delle nuove norme non si caratterizzano per chiarezza applicativa con il rischio di rendere vani gli encomiabili sforzi dei verificatori e degli inquirenti.

Un’altra considerazione da fare riguarda la macchina amministrativa che richiede fisiologicamente tempi di adeguamento per garantire risposte tempestive alle nuove esigenze procedurali degli operatori.

Considerazioni vanno fatte sulla efficacia della responsabilità solidale Iva da parte del cessionario nel pagamento dell’imposta sul valore aggiunto nel caso di omesso versamento dell’iva da parte del cedente.

La questione che si pone riguarda intanto le due fasi che… in sede di verifica… dovrebbero essere l’una propedeutica all’altra, ossia:

• la valutazione della congruità del prezzo praticato dal cedente e riportato in fattura;

• la verifica di mancato versamento dell’imposta da parte di quest’ultimo.

Sostanzialmente, da una interpretazione letterale della norma, qualora il prezzo dovesse risultare congruo in fattura, i verificatori dovrebbero essere dissuasi a verificare il versamento dell’Iva da parte del cedente essendoci già carenza di una delle condizioni dichiarando la norma la necessità di verificarsi di entrambe le condizioni.

Sappiamo che l’omesso versamento dell’Iva da parte del cedente realizzerebbe, in capo a quest’ultimo, un plafond finanziario tale da poter garantire un “rientro” al cessionario… cash!

Si potrebbe parlare della corretta interpretazione dell’articolo 23, sesto comma parte seconda, in materia di negazione della autorizzazione a stoccare presso terzi; una norma di dubbia interpretazione laddove le Agenzie negano l’autorizzazione in presenza di un Avviso di accertamento, laddove la prima parte del comma non nega l’autorizzazione in assenza di una sentenza irrevocabile per reati gravissimi di natura tributaria… finanziaria e fallimentare.

Sulla efficacia di questi nuovi provvedimenti normativi, ai posteri l’ardua sentenza, anzi ai verificatori ed agli inquirenti.