Frodi carburanti, osservazioni sulle misure cautelari

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Avv. Bonaventura Sorrentino

Studio legale e tributario Sorrentino Pasca Toma

Di Bonaventura Sorrentino, studio legale e tributario Sorrentino Pasca Toma

Bonaventura Sorrentino
Bonaventura Sorrentino

È sempre più frequente che l’Agenzia delle Entrate formalizzi al presidente della Commissione tributaria provinciale territorialmente competente una istanza di adozione di misure cautelari, addirittura ancor prima che venga emesso l’atto impositivo a seguito del solo Processo Verbale di Constatazione.

Uno strumento, quello delle misure cautelari adottabili in tale fase procedurale, tanto efficace per l’Amministrazione Finanziaria quanto potenzialmente letale per il contribuente; dunque da usare con estrema attenzione, considerato che può consentire l’uso della iscrizione di ipoteca e l’esecuzione, mediante ufficiale giudiziario del sequestro conservativo, quando ancora non vi è certezza del debito fiscale.

In linea di principio le norme introdotte mirano a fornire maggiore impulso all’utilizzo di tali strumenti di tutela del credito erariale nel contrasto ai fenomeni di evasione da riscossione e dunque ravvisabili anche nell’ambito delle condotti tipicamente fraudolenti, laddove spesso, chi opera in frode, è orientato a dismettere ogni bene rientrante nel proprio patrimonio e magari a cedere la stessa azienda, prima che si possa addivenire ad una condanna ed alla esecuzione sui beni o sulle quote.

È dunque uno strumento valido, ma da utilizzare con attenzione anche nelle contestazioni di presunti coinvolgimento del contribuente in frodi carosello, perché ben potrebbe comportare, il sequestro di beni, il rischio della consequenziale messa in liquidazione della attività, a danno di aziende che potrebbero risultare, all’esito del contenzioso, estranee alle ipotesi di frode ed alla evasione della imposta.

Tale rischio è particolarmente ravvisabile nelle ipotesi previste di una presunta responsabilità solidale del cessionario, laddove l’inconsapevolezza di aver fatto parte di una filiera commerciale fraudolenta, laddove sussista, non è sempre immediatamente dimostrabile.

La disciplina di riferimento è riportata nell’articolo 22 del decreto legislativo 18 dicembre 1997 n. 472, modificato ed integrato dall’articolo 15 commi da 8-bis a 8-quater, del decreto legge 1° luglio 2009,n. 78 convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2009 n. 102, aggiornato alla legge di stabilità 2015; l’articolo 22 rubricato “ipoteca e sequestro conservativo”; la fonte normativa richiamata al comma 1, dispone: “In base all’atto di contestazione, al provvedimento di irrogazione della sanzione o al processo verbale di constatazione e dopo la loro notifica, l’ufficio o l’ente, quando ha fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito, può chiedere, con istanza motivata, al presidente della commissione tributaria provinciale l’iscrizione di ipoteca sui beni del trasgressore e dei soggetti obbligati in solido e l’autorizzazione a procedere, a mezzo di ufficiale giudiziario, al sequestro conservativo dei loro beni, compresa l’azienda. A tal fine l’Agenzia delle entrate si avvale anche del potere di cui agli articoli 32, primo comma, numero 7), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, e 51, secondo comma, numero 7), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni”.

Indicazioni interpretative sono riportate dalla Agenzia delle Entrate, Direzione Centrale accertamento, nella circolare n. 4/E del 15 febbraio 2010.

Le misure cautelari previste ed in particolare il sequestro conservativo, hanno come finalità quella di evitare che i beni del trasgressore vengano dispersi, facendo venire meno la garanzia che gli stessi costituiscono per l’Erario, ed adempiono alla funzione preventiva di rendere inopponibili al creditore gli atti di disposizione del patrimonio compiuti dal debitore; tant’è che non producono effetto in pregiudizio al creditore sequestrante, le alienazioni e gli altri atti che hanno per oggetto il bene posto sotto sequestro.

I presupposti per l’adozione delle misure cautelari sono individuati, con riferimento a quanto disposto dagli articoli 22, comma 1, del decreto legislativo n. 472 del 1997 e dall’articolo 27, commi da 5 a 7, del decreto legge n. 185 del 2008, nella sussistenza del fumus boni iuris, ossia nella attendibilità della pretesa tributaria e nel periculum in mora, ossia nel fondato timore, da parte della Amministrazione Finanziaria, di perdere la garanzia del proprio credito; chiaramente debbono sussistere entrambe le condizioni.

La cautela che l’Amministrazione Finanziaria deve avere nella applicazione delle misure restrittive è riportata nella stessa circolare della Agenzia delle Entrate innanzi richiamata, con specifico riferimento alla verifica della sussistenza del periculum in mora.

L’istanza, secondo le indicazioni della Agenzia, deve essere adeguatamente motivata e deve indicare le circostanze di fatto e di diritto che mettono in pericolo la riscossione del credito erariale.

La circolare richiamata è comunque ben attenta a dare indicazioni di cautela a fronte di una richiesta di tale importanza e potenzialmente letale per la continuità aziendale, con tutte le conseguenze del caso, tant’è che espressamente dispone “… l’adozione delle misure cautelari, così come la scelta di quelle che si intende adottare, deve, infatti, essere improntata a prudenza, sia in ragione degli effetti che queste misure hanno sulla tutela dell’interesse erariale, prima ancora che sia divenuto certo, liquido ed esigibile, sia per le implicazioni che le stesse determinano sul patrimonio dei contribuenti”.

Bastano queste indicazioni di principio, sia con riferimento alla forma dell’istanza che agli effetti del suo contenuto, per evidenziare, in caso di loro carenza, la illegittimità ed inefficacia della istanza.

È infatti evidente che, con riferimento al contenuto della istanza, esso possa risultare oggettivamente scarno, incompleto e non circostanziato e di certo, in difformità con le previsioni della circolare n. 4/E qualora non evidenzi “… analiticamente le ragioni che stanno a fondamento della pretesa ed ogni altra circostanza che possa supportarla”, limitandosi sostanzialmente a richiamare il Processo verbale di constatazione ed i meri rilievi di calcolo della presunta debenza senza assolutamente illustrare ed evidenziare, così come previsto in maniera circostanziata, il periculum in mora.

L’Amministrazione Finanziaria, nella Circolare innanzi richiamata (paragrafo 4.2 pag. 20), ha altresì riportato, proprio ai fini della valutazione della sussistenza del periculum in mora, i comportamenti ritenuti particolarmente rilevanti ed individuati distintamente:

o nella alienazione dei propri cespiti;

o nel possesso di beni e nella fruizione di servizi che siano indici di una capacità di spesa non giustificata dal reddito dichiarato;

o nell’avere in passato variato il domicilio fiscale in concomitanza con l’esecuzione di controlli fiscali determinando ritardi nelle notifiche e, per i soggetti societari, l’avvio di un significativo ricambio della compagine sociale o l’attuazione di particolari operazioni sul capitale;

o la messa in liquidazione o l’inadempimento delle norme civilistiche (omesso deposito del bilancio, mancata riduzione o ricostruzione del capitale) quando ciò sia obbligatorio.

Ancora una volta, strumenti di operatività nella lotta alla evasione, per la loro piena efficacia orientata alla giustizia fiscale, richiedono il massimo utilizzo ma, nel contempo, la massima attenzione nel verificare la sussistenza delle condizioni normativamente richieste per la loro applicazione.

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