La questione dei cali dei prodotti energetici: rilevanze fiscali e casi specifici

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La questione dei cali dei prodotti energetici: rilevanze fiscali e casi specifici

L’esperto risponde

Pubblichiamo una nuova puntata della rubrica “L’esperto risponde”. È possibile inviare domande su questioni di fiscalità, ambiente, fonti rinnovabili, accise, nuove normative e disposizioni amministrative all’indirizzo e-mail staffetta@staffettaonline.it. Rispondono gli avvocati Bonaventura Sorrentino ed Emanuela Pasca.

Quesito

Con una lunga email, un rivenditore dell’Emilia Romagna solleva una serie di problemi e di dubbi interpretativi circa l’applicazione corretta della normativa doganale ai cali naturali e tecnici dei prodotti petroliferi nei depositi fiscali e nei depositi commerciali. Evocando la possibilità che ci sia contraddizione tra le norme del Testo unico delle accise. È possibile?

Risposta

La regolamentazione dei cali costituisce uno degli aspetti più complessi della disciplina dei prodotti energetici sottoposti ad accisa.

I dubbi interpretativi, che spesso interessano la normativa di riferimento, hanno determinato rilevanti conseguenze a carico degli operatori del settore, sia in termini di sanzioni amministrative, per le irregolarità contabili, sia con riferimento all’applicabilità di maggiori imposte, per presunzioni di cessioni irregolari di prodotto.

Proviamo dunque a delineare, in maniera organica, seppur sinteticamente e senza alcuna pretesa di esaustività, il quadro normativo in materia.

Il significato di taluni termini assume – per la questione in esame – particolare rilevanza per una corretta interpretazione ed applicazione delle norme in materia di accise; in tal senso va dunque preliminarmente chiarito che il dlgs n. 504 del 26 ottobre 1995, testo unico accise (TUA), all’articolo 1, definisce distintamente:

• il prodotto sottoposto ad accisa: quale prodotto cui si applica il regime fiscale delle accise;

• il prodotto soggetto ad accisa: quel prodotto per il quale il debito d’imposta non è stato assolto; tale tipologia di prodotto è generalmente detenuto presso i “depositi fiscali”;

• il prodotto assoggettato ad accisa: quel prodotto per il quale è stato assolto il debito di imposta ed è generalmente detenuto presso i “depositi commerciali”.

L’accisa, notoriamente, è un’imposta, così come stabilito dal comma 3, dell’art. 3, del testo unico, liquidata “… applicando alla quantità di prodotto l’aliquota di imposta vigente alla data di immissione in consumo …”.

I prodotti energetici, su cui grava l’imposizione, sono generalmente prodotti soggetti a fenomeni di evaporazione, dispersione e calo peso, in ragione sia della loro natura sia per le lavorazioni ed i trattamenti cui vengono sottoposti; pertanto ciò comporta la necessità di tener conto di tali circostanze ai fini di una corretta ed equa determinazione dell’imposta applicabile.

In tal senso sono dunque previste disposizioni normative che riconoscono l’ “abbuono” di imposta, per cali naturali e/o tecnici di prodotto.

La rilevanza fiscale dei cali ai fini delle accise

L’articolo 4, del TUA, regolamenta la disciplina fiscale degli “abbuoni per perdite, distruzioni e cali” ed in tal senso stabilisce che “(…) 2. Per le perdite inerenti la natura stessa dei prodotti, in regime sospensivo, avvenute durante il processo di fabbricazione o di lavorazione al quale gli stessi vengono sottoposti, nel caso in cui è già sorta l’obbligazione tributaria, l’abbuono è concesso nei limiti dei cali tecnicamente ammissibili determinati dal Ministero dell’economia e delle finanze con proprio decreto (…). 3. Per i cali naturali e tecnici si applicano le disposizioni previste dalla normativa doganale.”.

La determinazione dei cali ammissibili è dunque rilevante ai fini della quantificazione del debito d’accisa, in quanto, nel caso in cui venga riscontrato un calo di prodotto superiore al limite normativamente consentito, il soggetto detentore del prodotto dovrà versare l’accisa anche per quella parte di prodotto non rinvenuta e quantificata in misura ulteriore rispetto al limite consentito.

In attuazione del disposto normativo di cui all’articolo 4, innanzi richiamato, la fonte di riferimento, in materia di cali naturali e tecnici, è costituita dal DM del 13 gennaio 2000, n. 55 rubricato “Regolamento recante norme in materia di cali naturali e tecnici delle merci soggette a vincolo doganale e ad accise”; in esso viene, in primo luogo, chiarito che sono cali naturali: le perdite di peso o di volume delle merci che si verificano nel tempo per effetto di fenomeni chimici, fisici o biologici, comprese le perdite connesse all’introduzione od all’estrazione delle merci; sono, invece, da identificare quali cali tecnici, le perdite di peso o di volume dipendenti da manipolazioni a cui le merci siano state sottoposte durante la permanenza in depositi o in altri luoghi, ovvero in dipendenza del loro trasporto.

I cali naturali sono commisurati all’anno di giacenza; per i periodi minori di un anno si liquidano in proporzione di mese in mese “compiuto”, considerando per mese compiuto anche le frazioni di mese, superiori a giorni quindici, eccezion fatta per le merci classificate ai capitoli 22, 27 e 29 per le quali il calo è commisurato all’effettivo periodo di giacenza in ragione di giorno in giorno. Per taluni casi specifici, i cali sono commisurati al carico di magazzino e cioè alla giacenza all’inizio dell’anno finanziario o, se posteriore, alla data dell’ultimo inventario, maggiorata del quantitativo introdotto successivamente.

Più specificamente, nella tabella A, richiamata all’articolo 2 del DM citato, sono previste distintamente, tra le altre, le seguenti misure di cali naturali consentiti:

– per i prodotti di cui al codice NC 27.06, ossia i catrami di carbon fossile, di lignite o di torba e altri catrami minerali, anche disidratati o privati delle frazioni di testa, compresi i catrami ricostituiti: 1% in peso (commisurato al carico di magazzino);

– per i prodotti di cui al codice NC 27.07, ossia gli oli ed altri prodotti provenienti dalla distillazione dei catrami di carbon fossile ottenuti ad alta temperatura; prodotti analoghi nei quali i costituenti aromatici predominano, in peso, rispetto ai costituenti non aromatici: 1% in peso (commisurato al carico di magazzino);

– per i prodotti di cui al codice NC 27.09, ossia gli oli greggi di petrolio o di minerali bituminosi: 1% in peso;

– per i prodotti di cui al codice NC 27.10, ossia gli oli di petrolio o di oli minerali bituminosi, diversi dagli oli greggi; preparazioni non nominate né comprese altrove, contenenti, in peso, 70% o più di oli di petrolio o di minerali bituminosi e delle quali tali oli costituiscono il componente base, vengono individuate le seguenti distinzioni:

1) oli leggeri esclusa l’acqua ragia minerale:

a) in depositi di capacità minore o uguale a 500mc: 3% in volume a 15C°;

b) in depositi di capacità maggiore di 500mc: 2% in volume a 15C°;

2) acqua ragia minerale: 1% in volume a 15C°;

3) oli medi e oli da gas: 1% in volume a 15C°;

4) oli combustibili: 1% in peso (commisurato al carico di magazzino);

5) oli lubrificanti e altri: 1% in peso;

6) oli minerali denaturati detenuti da impianti che riforniscono esclusivamente i diretti utilizzatori: 1% (commisurato al carico di magazzino) in volume a 15C° o in peso, a seconda della tassazione;

– per i prodotti di cui al codice NC ex 27.11, ossia gas di petrolio ed altri idrocarburi gassosi: liquefatti: 3% in peso.

In merito al punto 6 (oli minerali denaturati), va precisato che la limitazione dell’applicazione della norma, agli impianti che riforniscono esclusivamente i diretti utilizzatori, è stata ritenuta illegittima dal Consiglio di Stato, con la sentenza n. 6664 del 17 giugno 2003, laddove è stato statuito che il calo previsto per i prodotti denaturati detenuti nei depositi al dettaglio debba ritenersi applicabile genericamente a tutti i depositi commerciali che detengono tale tipo di prodotto.

Nella tabella B, allegata al decreto, sono previste le misure dei cali tecnici.

L’articolo 4, del DM 55/2000, stabilisce che le disposizioni contenute negli articoli 1 e 2, riferite appunto alla definizione dei cali ed alle misure degli stessi, si rendono applicabili, secondo quanto disposto dall’art. 4 del testo unico accise, anche ai prodotti soggetti ad accisa.

Il testo letterale della norma, alla luce delle definizioni di cui all’articolo 1 del TUA, lascerebbe dunque intendere che il DM in esame si renda applicabile a quei prodotti per i quali non è stato ancora assolto il debito di imposta.

Circa l’ambito applicativo del DM 55/2000, si rende opportuna una precisazione, considerato che, in taluni casi, e per specifiche finalità, come vedremo nel prosieguo, le disposizioni in esso contenute si rendono applicabili anche ai prodotti ad imposta assolta detenuti nei depositi commerciali.

La rilevanza dei cali ai fini della regolare tenuta della contabilità e delle presunzioni di cessione

Abbiamo visto che la quantificazione del calo naturale e/o tecnico è rilevante ai fini del riconoscimento dell’abbuono di accisa, previsto dall’articolo 4 del TUA, nonché ai fini dell’eventuale recupero di imposta in caso di ammanco superiore al limite consentito.

Tale finalità non riveste altrettanta importanza, se non per distinte fattispecie, nel caso di prodotti ad imposta assolta, detenuti nei depositi commerciali, disciplinati dall’articolo 25 del TUA, in quanto si tratta di merci per le quali il debito di imposta è già stato soddisfatto.

Tuttavia, per taluni aspetti, la determinazione dei cali è necessaria non solo per i prodotti soggetti ma anche per quelli assoggettati ad imposta.

La corretta determinazione dei cali, infatti, è imprescindibile ai fini dell’applicazione delle sanzioni, disciplinate nel TUA; in tal senso si evidenzia il disposto contenuto nell’articolo 50, comma 2, sulla regolare tenuta dei registri di carico e scarico, alla cui redazione sono obbligati anche i titolari di depositi commerciali, fatte salve le eccezioni di cui all’articolo 25, comma 4, del TUA.

Inoltre il riscontro di cali in sede di verifica può determinare la contestazione, da parte dell’Amministrazione Finanziaria, della presunta cessione dei beni non rinvenuti nel luogo di esercizio dell’impresa, prevista, dal decreto del Presidente della Repubblica del 10 novembre 1997, n. 441, ai fini dell’IVA e delle imposte dirette.

È evidente dunque che anche per i prodotti assoggettati ad accisa, detenuti generalmente nei depositi commerciali, è di estrema importanza, per i fini innanzi riportati, individuare il limite quantitativo dei cali consentiti e chiarire se ed entro quali limiti si applica il DM 55/2000.

Partendo dal disposto normativo di cui all’articolo 25, del testo unico accise, rubricato “Deposito e circolazione di prodotti energetici assoggettati ad accisa”, esso richiama l’articolo 4 del medesimo testo unico, e dunque la disciplina dei cali di cui al DM 55/2000, solo con riferimento ai prodotti energetici denaturati (cfr articolo 25, comma 6, del TUA).

Dal tenore letterale della disposizione legislativa potrebbe sembrare che tale regime sia applicabile solo ai prodotti energetici denaturati con esclusione degli altri prodotti energetici assoggettati ad imposta.

Tuttavia, come già accennato, ai fini della verifica della regolarità della tenuta dei registri di carico e scarico, l’articolo 50, comma 2, del testo unico accise stabilisce, tra l’altro, che “La tenuta della contabilità e dei registri si considera irregolare quando viene accertata una differenza tra le giacenze reali e le risultanze contabili superiori ai cali e alle perdite di cui all’art. 4″.

La norma da ultimo richiamata è una disposizione di portata generale, applicabile a tutti coloro che sono tenuti alla scritturazione dei registri di carico e scarico e quindi anche ai depositi di prodotti ad imposta assolta (tranne le eccezioni previste dal comma 4 dell’articolo 25).

Ne consegue che, nel caso di una verifica da parte degli organi competenti effettuata presso un deposito che detiene prodotti ad imposta assolta, si rende necessario rilevare i cali degli stessi.

È evidente che, trattandosi di prodotti per i quali è stata già assolta l’accisa, il riscontro e la quantificazione dei cali non potrà rilevare, salvo taluni casi specifici, ai fini del riconoscimento o meno dell’abbuono di accisa di cui all’articolo 4 del testo unico; tuttavia sarà determinante per l’applicazione della sanzione prevista dall’articolo 50, comma 2.

Considerato che la citata norma richiama espressamente l’articolo 4 del TUA, ne consegue che le percentuali dei cali ammissibili previste dal DM 55/2000, costituiranno il parametro di riferimento per l’applicazione o meno della sanzione per irregolare tenuta dei registri.

Il riscontro, in sede di verifica, del superamento delle percentuali riportate nel DM 55/2000, assunte dunque quale riferimento per la regolarità della tenuta dei registri contabili, può altresì comportare l’applicazione della presunzione di cessione disciplinata dal DPR 441/1997.

Taluni casi specifici

Al fine di un quadro sufficientemente completo della disciplina dei cali, non si può prescindere dalle specifiche disposizioni dettate per i depositi commerciali di gasolio, i distributori di carburante e i prodotti energetici denaturati.

Con riferimento ai depositi commerciali di gasolio ed ai distributori di carburante, infatti, la circolare del 2 maggio 2000, n. 86, con la quale il Ministero delle Finanze ha riportato per conferma il testo del telefax prot. n. 157/UDC-CM del 4 aprile 2000, avente ad oggetto le innovazioni più significative apportate dal DM 55/2000, ha precisato che “nulla è innovato per quanto concerne la procedura per la determinazione dei cali ammissibili presso i distributori stradali di carburante e presso i depositi commerciali di gasolio, che resta quella prevista dall’art. 50, comma 2, del testo unico accise”.

L’articolo 50, comma 2, del testo unico accise stabilisce espressamente che “(…) Per gli impianti di distribuzione stradale di carburanti si considera irregolare la tenuta del registro di carico e scarico quando la predetta differenza supera un dodicesimo del calo annuo consentito per i singoli carburanti, riferito alle erogazioni effettuate nel periodo preso a base della verifica; per i depositi commerciali di gasolio si considera irregolare la tenuta del registro di carico e scarico quando la differenza supera il 3 per mille delle quantità di gasolio assunte in carico nel periodo preso a base della verifica.”.

Sostanzialmente il disposto normativo richiamato, così come confermato dalla circolare ministeriale citata, prevede una disciplina specifica per i distributori di carburante e per i depositi commerciali di gasolio, per i quali la misura dei cali ammissibili è, appunto, quella prevista nel comma 2, dell’articolo richiamato e non quella del DM 55/00.

Tale interpretazione è ribadita altresì da quanto riportato in una risposta ad interpello, formulata dall’Agenzia delle Dogane (nota prot. 1016/2007), laddove, con riferimento ai distributori di carburanti, alla luce di quanto statuito con la circolare n. 86/2000, viene chiarito che “detto articolo (ndr articolo 50, comma 2, del testo unico accise), oltre a definire l’irregolare tenuta della contabilità e dei registri anche per gli impianti stradali di distribuzione carburante, individua le modalità di calcolo delle deficienze, riconoscendo i cali di cui all’art. 50, comma 2, del TUA ammessi entro 1/12 del calo annuo riferito all’erogato nel periodo, secondo la misura consentita dal summenzionato DM 55/2000 sui citati prodotti commerciali (1%)”.

La citata nota chiarisce, dunque, che è esclusivamente l’articolo 50, comma 2, del testo unico accise, la norma che individua le modalità di calcolo delle deficienze ammissibili, riconoscendo i cali entro il limite dell’1/12 del calo annuo e che il DM 55/2000 fornisce unicamente il parametro per detto calcolo, individuando il calo annuo su cui va determinato quello previsto dall’articolo 50 citato. Si parla dunque dell’1/12 dell’1%.

Parimenti per i depositi commerciali di gasolio, la misura del calo ammissibile è quella stabilita dall’articolo 50, comma 2, ossia il 3 per mille delle quantità di gasolio assunte in carico nel periodo preso a base della verifica.

Una particolare attenzione merita il regime dei cali applicabile ai prodotti energetici denaturati, ossia a quei prodotti che subiscono uno specifico trattamento, che li rende utilizzabili solo per determinati usi, per i quali sono riconosciuti regimi fiscali agevolativi.

Abbiamo già accennato al fatto che l’articolo 25, comma 6, del testo unico accise, stabilisce che ai prodotti energetici denaturati si applica il regime dei cali previsto dall’articolo 4, dello stesso testo unico.

Secondo il disposto normativo, dunque, la misura del calo ammissibile è quella stabilita dal DM 55/2000 per i prodotti denaturati, ossia l’1% commisurato al carico di magazzino.

Qualche perplessità può sorgere con riferimento ai depositi che commercializzino gasolio denaturato, in tal caso, infatti, si potrebbe porre il dubbio se applicare il disposto di cui all’articolo 25,comma 6, specifico per i prodotti denaturati, oppure l’articolo 50, comma 2, che regolamenta i depositi commerciali di gasolio.

Per dirimere la questione può essere di ausilio il principio generale secondo cui una disposizione che detta un regime specifico può derogare quella più generale, pertanto si potrebbe ritenere che, per i depositi commerciali di gasolio denaturato, si renda applicabile soltanto il disposto di cui all’articolo 25, comma 6, che rimanda al DM 55/2000, trattandosi, appunto di norma specifica sui prodotti denaturati (cfr Telescritto n. 76/UDC – CM 12 febbraio 1996).

Spunti di chiarezza sarebbero comunque auspicabili da parte dell’Amministrazione Finanziaria.

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