L’annosa questione dei cali per i depositi commerciali di gasolio e la circolare n. 6/D del 18 giugno 2015

L’annosa questione dei cali per i depositi commerciali di gasolio e la circolare n. 6/D del 18 giugno 2015

Avv. Bonaventura Sorrentino

Avv. Emanuela Pasca

Studio Legale e Tributario Sorrentino Pasca Toma

Al Convegno del 24 giugno 2013, organizzato da Assopetroli e dalla Staffetta Quotidiana, in cui presenziavamo quali relatori sulla problematica dei cali, l’ing. Walter De Santis, che al tempo ricopriva la carica di Direttore Vicario dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, prese un impegno circa la volontà dell’Amministrazione Finanziaria di provare a sciogliere i nodi interpretativi quantomeno delle principali questioni tributarie inerenti appunto la regolamentazione dei cali.

La promessa è stata in parte mantenuta con la circolare del 18 giugno 2015, n. 6/D, ad oggetto “Regime fiscale dei prodotti assoggettati ad accisa. Differenze quantitative riscontrate e destinazione. Tenuta dei registri di carico e scarico presso gli impianti di distribuzione stradale di carburante e depositi commerciali di gasolio.”.

Con riferimento a tali ultimi soggetti commerciali, è il caso di ricordare la annosa questione derivante sostanzialmente da una difforme interpretazione applicativa della norma tra l’Agenzia delle Dogane e la Guardia di Finanza, in sede di verifica.

La problematica riguarda, dunque, i depositi commerciali di gasolio, ossia quei depositi che detengono prodotti già assoggettati ad accisa, per i quali il debito di imposta è stato già assolto.

La querelle sorgeva, parlando appunto di cali naturali per depositi commerciali di gasolio, per una presunta c.d. “doppia soglia” di cali ed era appunto la conseguenza della diversa interpretazione della norma, formulata dalla Guardia di Finanza, rispetto a quella ritenuta valida dall’Agenzia delle Dogane.

In sintesi, l’articolo 50 del testo unico accise, al comma 2, stabilisce che la tenuta della contabilità e dei registri si considera irregolare allorquando la differenza tra le risultanze contabili e le giacenze reali è superiore ai cali di cui all’articolo 4, ossia alle misure di calo ammissibile, indicate dalla normativa doganale (DM 55/2000).

Il decreto richiamato, per il gasolio, determina la percentuale di calo tollerato nella misura dell’1% in volume 15°C (commisurata all’effettivo periodo di giacenza) in ragione di giorno in giorno.

Dunque, se ci fermassimo al combinato disposto tra l’articolo 50, comma 2, primo capoverso, che richiama l’articolo 4, comma 3, del testo unico accise e dunque il DM 55/2000, il calo consentito sarebbe indubbiamente indicato nei limiti dell’1% in volume 15°C.

Tuttavia, per una corretta interpretazione, con riferimento ai depositi commerciali di gasolio, non si può prescindere dalla lettura del terzo capoverso del comma 2 dello stesso articolo 50, secondo il quale per i depositi commerciali di gasolio la tenuta del registro di carico e scarico si considera irregolare quando la differenza supera il 3 per mille delle quantità di gasolio “assunte in carico”, nel periodo preso a base dalla verifica.

Le riflessioni da fare, ripresa dalla recente circolare dell’Agenzia, sul corretto calo consentito, riguarda il “peso specifico” della norma, al fine di comprendere se essa incida ed inerisca esclusivamente la regolare tenuta del registro di carico e scarico, oppure espliciti una diversa regolamentazione per i cali riguardanti tali tipologie di deposito.

Occorreva cioè comprendere quale fosse la corretta fonte normativa di riferimento tra il DM 55/2000 e l’articolo 50, comma 2, del testo unico accise.

Da cosa nasceva la questione: il DM 55/2000, come chiarito nella circolare 86/2000, richiede una uniformità dei criteri tra la commisurazione del calo e la tenuta della contabilità.

Tra le innovazioni più rilevanti, relativamente agli oli minerali sottoposti a tassazione a volume, rientra la commisurazione del calo a volume a 15°C invece che a peso.

Ne deriverebbe la necessità che anche le contabilità relative ai suddetti prodotti fossero tenute con riferimento al volume a 15°C; la qual cosa avrebbe consentito, in sede di verifica, di calcolare: la differenza tra le giacenze contabili e le giacenze effettive e di confrontare tale differenza con l’ammontare dei cali ammissibili, esprimendo tutte le suddette quantità in volume.

Tuttavia, considerato che i depositi commerciali di gasolio tengono la propria contabilità “a peso” e non a volume, un diverso sistema sarebbe possibile solo attraverso un adeguamento normativo regolamentare.

In assenza di tale adeguamento, la circolare 86/2000 espressamente chiariva: “nulla è innovato per quanto concerne la procedura per la determinazione dei cali presso i distributori stradali dei carburanti e presso i depositi commerciali di gasolio, che resta quella prevista dall’articolo 50, comma 2, del testo unico accise”.

Tale assunto risulta confermato anche nella risposta ad un interpello, resa nel 2007 (n. 1016), dall’Agenzia delle Dogane.

Ma, spesso, in sede di verifica, come innanzi sottolineato, accadeva che con riferimento alla regolare tenuta della contabilità di carico e scarico, i verificatori ritenessero corretto applicare l’articolo 50 del testo unico accise e dunque riconoscere quale misura di riferimento il 3 per mille; mentre, ai fini della applicazione delle presunzioni di cessioni, previste e regolamentate dal DPR 441/1997 ai fini IVA e imposte dirette, venisse preso in considerazione, quale calo consentito, quello previsto nel DM 55/2000 (1% a volume a 15°C).

La peculiarità si sostanziava in una duplice soglia di tolleranza, che comportava la contestazione di presunte cessioni in evasione di imposte ad un contribuente la cui contabilità non presentava alcuna irregolarità.

Fatta questa breve premessa sulla questione, la circolare n. 6/D del 18 giugno 2015 dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli al paragrafo IV stabilisce che “Fermo restando quanto ampiamente argomentato nel paragrafo III in ordine alla ratio della fattispecie sanzionatoria in esame ed ai connessi limiti del rinvio alle disposizioni sui cali, giova rilevare che il più volte citato comma 2, dell’art. 50 del dlgs 504/1995 contiene, al primo periodo, una previsione di carattere generale e, al secondo periodo, due disposizioni speciali che provvedono a disciplinare in modo particolare e autonomo lo stesso presupposto applicativo”.

Sostanzialmente l’Agenzia pone come regola esegetica il principio della gerarchia delle fonti secondo cui una normativa speciale prevale su un dettame normativo di carattere generale.

Ne deriva una interpretazione dell’art. 50, comma 2, che dispone “in via diretta ed univoca” sulla misura della differenza tra risultanze contabili e giacenze reali per i depositi commerciali di gasolio, sulla irregolare tenuta del registro di carico e scarico, definendo in maniera esauriente la fattispecie sanzionatoria senza necessità di ulteriori integrazioni di contenuto utilizzando ulteriori fonti normative.

Pertanto, in assenza di un collegamento con la suddetta fonte regolamentare, così come riportato nella circolare, manca di giustificazione l’applicazione in sede di verifica del parametro percentuale fissato in via ordinaria dal DM n. 55/2000 per il gasolio, nonché dei connessi metodi di rilevazione contabile.

La circolare in questione evidenzia altresì la coerenza dell’interpretazione con la circolare n. 86 del 2 maggio 2000, del Dipartimento delle dogane e delle imposte indirette, emanata a suo tempo ad illustrazione del menzionato decreto ministeriale.

Infatti, nell’attestare l’inalterata vigenza della particolare procedura di riscontro delle giacenze prevista per i depositi commerciali di gasolio dall’art. 50, comma 2, del dlgs 504/1995, la circolare evidenzia l’espresso richiamo della stessa fonte primaria alle quantità assunte in carico e, stante la tenuta della contabilità dei predetti depositi a peso, uniforma anche la rilevazione del calo al medesimo parametro.

Inoltre, la circolare n. 6/D fa un’ulteriore riflessione secondo la quale, tale consolidato indirizzo di ritenere prevalenti le disposizioni speciali di cui all’art. 50, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo n. 504/1995, con riferimento agli impianti di distribuzione carburanti e ai depositi commerciali di gasolio, non può che ritenersi valido sia ai fini del riscontro della regolare tenuta del registro di carico e scarico, di cui all’art. 25, comma 4, del dlgs 504/1995, che per l’individuazione dei casi da segnalare ai competenti uffici dell’Agenzia delle Entrate per l’applicazione delle presunzioni di cessione, argomento di rilevante impatto, previste dalle disposizioni di cui al DPR 441/1997.

Il quarto paragrafo della circolare definisce anche la locuzione “depositi commerciali di gasolio” utilizzata dall’articolo 50, comma 2, del dlgs 504/1995; viene sostanzialmente asserito che tale locuzione riportata nella fonte normativa richiamata debba intendersi riferita ai soli depositi commerciali di gasolio non denaturato atteso che l’art. 25, comma 6, ultimo periodo del dlgs 504/1995 stabilisce, relativamente ai depositi commerciali di prodotti energetici denaturati che per tali ultimi prodotti si applica il regime dei cali previsto dall’art. 4 e, dunque, dal DM 55/2000.

É precisato che per i gasoli denaturati non si applichi la soglia di calo del 3 per mille prevista dall’art. 50, comma 2.

Dovrebbe dunque porsi fine anche alla prassi, spesso attuata da taluni verificatori, di considerare il gasolio riscaldamento alla stregua del gasolio autotrazione, pur essendo prevista, nel primo caso, la denaturazione del prodotto.

Il gasolio da riscaldamento sconta un’aliquota di accisa più bassa rispetto a quella applicata al gasolio autotrazione ed è stato, su espressa indicazione dell’Agenzia delle Dogane, assoggettato ad un trattamento di denaturazione.

Trattandosi dunque di prodotto denaturato si sarebbe resa applicabile, con riferimento al calo riconosciuto, la parte della tabella A, relativa appunto agli oli minerali denaturati; ciò in ragione della previsione normativa contenuta nell’articolo 25 del testo unico accise, rubricato “Deposito e circolazione di prodotti energetici assoggettati ad accisa”, laddove, al comma 6, prevede espressamente che “per i prodotti energetici denaturati si applica il regime dei cali previsto dall’art. 4”. Tale richiamo all’articolo 4, avrebbe dovuto consentire incontestabilmente di fare riferimento alla tabella A del DM 55/2000, che per gli oli minerali denaturati prevede un calo ammissibile pari all’1% in volume a 15°C o in peso, a seconda della tassazione, commisurato al carico di magazzino e cioè alla giacenza all’inizio dell’anno finanziario e, se posteriore, alla data dell’ultimo inventario, maggiorata del quantitativo introdotto successivamente.

Contrariamente è accaduto che, in taluni casi, in sede di accertamento, il calo fosse determinato, prescindendo dalla denaturazione ed equiparando dunque il prodotto al comune gasolio per autotrazione, applicando così la “doppia soglia” di calo.

Ci si auspica che il chiarimento fornito dalla circolare 6/D in esame, consenta di porre fine a tale divergente prassi di applicazione della norma.

La circolare in esame si esprime anche con riferimento alla rilevanza delle deficienze ed eccedenze dei prodotti energetici riscontrate nei depositi commerciali ai fini dell’applicazione della normativa in materia di presunzioni di cessioni e di acquisto di cui al DPR 441/1997, precisando che l’operatività della presunzione di acquisto, ai sensi della disciplina IVA, è esclusa per le eccedenze di prodotti energetici rientranti negli stessi limiti quantitativi per i quali non si fa luogo al recupero dell’accisa, come stabiliti dal dlgs 504/1995.

Tale conclusione deriva dalla seguente considerazione; in effetti la medesima ratio che giustifica le previsioni di non addebito dell’accisa, ovvero l’esigenza di tener conto dei fenomeni fisici di dilatazione o contrazione di volume dei prodotti per effetto di variazioni della temperatura nonché dell’operatività stessa degli impianti, si pone quale fondamento per l’irrilevanza ai fini IVA.

Da qui, a parere della circolare, consegue la piena aderenza della disciplina delle presunzioni di cessione e di acquisto, di cui al citato DPR n. 441/1997, al regime proprio dell’accisa con applicazione di un trattamento uniforme in entrambe le discipline impositive, delle deficienze e delle eccedenze dei prodotti.

Le eccedenze di prodotti energetici riscontrati nei limiti delle tolleranze ammesse dalla disciplina delle accise, così come stabilito dalla circolare, non sono riconducibili ad una operazione di acquisto non contabilizzata e, non rendendosi dovuta l’IVA, non vanno comunicate agli uffici territoriali dell’Agenzia delle Entrate.

Ne deriva che la circolare n. 29 del 22 dicembre 1986 è da intendersi superata.

A questo punto sorge un dubbio: cosa accade invece con riferimento ai depositi fiscali?

Sostanzialmente, se la ratio della conclusione cui giunge la circolare per asserire la non operatività delle presunzioni di acquisto nel caso di eccedenze che non superino i limiti di cui al dlgs 504/1995, consiste nell’esigenza di tener conto dei fenomeni fisici di dilatazione o contrazione di volume dei prodotti per effetto di variazioni della temperatura, nonché dell’operatività degli impianti, sarebbe plausibile ritenere che tale esigenza dovrebbe riguardare anche i depositi fiscali.

Dovrebbe pertanto essere inoperativa la presunzione di acquisto in caso di eccedenze rientranti nei limiti di tolleranza. Oppure nel caso dei depositi fiscali, procedendosi in ogni caso al recupero dell’accisa, opera automaticamente la presunzione di cessione?

In tal caso si creerebbe una certa disparità di trattamento, considerato che anche nei depositi fiscali è indubbio che occorra tener conto dei fenomeni fisici di dilatazione o contrazione di volume dei prodotti.

Inoltre come va individuato il limite dell’eccedenza tollerata?

L’art. 47 del Dlgs 504/1995 stabilisce che “Per le eccedenze di prodotti nei depositi fiscali e per le eccedenze di prodotti denaturati non rientranti nei limiti delle tolleranze ammesse, ovvero non giustificate dalla prescritta documentazione si applicano le pene previste per la sottrazione dei prodotti all’accertamento o al pagamento dell’accisa, salvo che venga dimostrata la legittima provenienza dei prodotti ed il regolare assolvimento dell’imposta, se dovuta.”. Ai fini dell’applicazione di tale norma, circa il limite di eccedenza ammesso, si fa riferimento all’art. 308 del DPR 43/1973, che fissa al 2% il limite tollerabile.

L’art. 48, comma 2, dello stesso decreto legislativo, stabilisce che “Se nella verificazione dei depositi e degli impianti o degli apparecchi indicati al comma 1 (ndr deposito di oli minerali, impianto di distribuzione stradale di carburanti o un apparecchio di distribuzione automatica di carburanti) si riscontrano eccedenze rispetto alle risultanze del registro di carico e scarico o comunque non giustificate dalla prescritta documentazione, in aggiunta al pagamento del tributo si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da 516 euro a 3098 euro. Se l’eccedenza riscontrata non supera l’uno per cento rapportato alla quantità estratta nel periodo preso a base della verifica si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da 154 euro a 929 euro.”.

La norma da ultimo citata prosegue, al comma 3, prevedendo specifici limiti di eccedenze ammesse per taluni prodotti. In particolare stabilisce che: “Non si fa luogo ad alcun addebito per le eccedenze, riscontrate nel periodo di imposta preso a base della verifica:

a) degli oli combustibili non superiori all’uno per cento della quantità estratta, presso i depositi liberi per uso commerciale;

b) dei carburanti non superiori al 5 per mille rapportato alle erogazioni registrate dal contatore totalizzatore, presso gli impianti, presso gli impianti e gli apparecchi di distribuzione automatica.”

Verosimilmente il limite da prendere in considerazione dovrebbe essere l’1%, anche per prodotti diversi dagli oli combustibili, per i quali vi è espressa previsione. Tuttavia ci si potrebbe porre legittimamente il dubbio, considerato che l’articolo 48, in realtà, al secondo comma, non prevede alcun limite di tolleranza per richiedere il pagamento del tributo per le eccedenze riscontrate e non giustificate dalla prescritta documentazione, stabilendo il limite dell’1% solo al fine dell’applicabilità di una sanzione amministrativa inferiore.

Si spera che non si creino interpretazioni discordanti su tali aspetti.