Contratto di commissione carburanti, l’opportunità di un atto integrativo

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Contratto di commissione carburanti, l’opportunità di un atto integrativo

L’esperto risponde

Pubblichiamo una nuova puntata della rubrica “L’esperto risponde”. È possibile inviare domande su questioni di fiscalità, ambiente, fonti rinnovabili, accise, nuove normative e disposizioni amministrative all’indirizzo e-mail staffetta@staffettaonline.it. Risponde l’avvocato Bonaventura Sorrentino.

Quesito

Il contratto di commissione recentemente depositato al ministero dello Sviluppo economico (v. Staffetta 16/10) può essere applicato “tal quale” a tutte le realtà di gestione di impianti di distribuzione di carburanti o va integrato a seconda delle peculiarità delle diverse situazioni?

Risposta

Tipicamente, nelle formule contrattuali appositamente redatte per “categorie” o “gruppi” di fruitori, può accadere che si ravvisino, con riferimento a taluni di essi, specificità ed esigenze che rendono opportune indicazioni esegetiche od integrazioni formalizzate.

È ciò che sembra stia accadendo, in taluni casi, nell’applicazione del contratto di commissione destinato a regolamentare i rapporti tra i gestori ed i retisti.

Resti chiaro che le considerazioni riportate nel prosieguo nulla tolgono all’importanza derivante dall’essersi formalizzato un contratto condiviso e dunque aver dato un segnale di unitarietà e di riferimento “rappresentato” su una problematica complessa che si trascinava da anni, smarcando buona parte del settore da una situazione di incertezza e confusione.

Tuttavia sembrerebbero rendersi necessarie forme di integrazione dell’attuale regolamentazione, che possano consentire il superamento – in casi specifici – di una sostanziale impasse applicativa.

Chiaramente non stiamo parlando di una imposizione per condizioni generali gravose, ma più semplicemente di una integrazione per carenza di contenuto.

Il dato da non trascurare, nell’intendimento delle condizioni generali, è che esse costituiscono la regolamentazione per una generalità di rapporti e che attraverso tali condizioni può quindi manifestarsi un predominio di fatto di un accordo rivolto “ai più” a danno (in senso di carenza di regolamentazione) di una particolare categoria di contraenti che operano in contesti peculiari.

Il settore petrolifero, ed in particolare la realtà imprenditoriale composta dalle reti di distribuzione, è sicuramente in evoluzione nelle sue composizioni, essendo di fatto orientata ad una fisionomia imprenditoriale ed operativa (e dunque regolamentare) eterogenea.

Ne consegue la necessità, complessa e complicata, di trovare soluzioni “elastiche ed esaustive”, per taluni rapporti negoziali.

Esemplificativamente basti pensare a quelle aggregazioni imprenditoriali ed operative che racchiudono impianti che, in parte, mantengono in vita obblighi negoziali tipici di un Branded Wholesaler finalizzato a non realizzare discontinuità né in termini di servizi né di modalità di gestione, tipicamente consequenziale ad un’operazione di acquisizione complessa.

In una realtà imprenditoriale aggregante il contratto di gestione di riferimento dovrebbe essere adeguato o quantomeno adeguabile.

Contrariamente potrebbe sorgere il rischio di dover regolamentare, all’interno dello stesso “gruppo”, con un identico contratto forme complesse ed eterogenee di operatività.

Non vi è infatti dubbio che il ruolo e lo status del gestore stiano cambiando e bisogna adattarsi, anche nei riferimenti di regolamentazione contrattuale, al nuovo scenario di mercato.

In tal senso forse i contratti di riferimento se non diversificati, in taluni casi, vanno interpretati ed integrati con un autonomo strumento negoziale.

Ogni entità imprenditoriale del settore in questione avrà sempre più spesso una sua peculiarità e l’efficacia del contratto di gestione ed il suo perfezionamento avrà un ruolo determinante.

Non credo possano sorgere dubbi che, nel caso di una realtà imprenditoriale eterogenea, ossia composta da impianti di tipologie differenziate con contratti di gestione presumibilmente (si è in attesa del c.d. contratto di colore) differenziati, la rigidità di applicazione per le singole tipologie, seppure appartenenti alla stessa realtà imprenditoriale, potrebbe impattare sensibilmente anche sulle altre componenti gestionali.

Va da sé che una disciplina extranegoziale, che va oltre alla mera interpretazione inidonea a completare un accordo carente, può essere risolutiva nei casi di lacuna contrattuale, da intendersi quale “vuoto”, nel contenuto dell’accordo, non suscettibile di essere colmato mediante l’applicazione di criteri ermeneutici.

Si tratta dunque di identificare, di volta in volta, la regola congrua rispetto al caso concreto, desumendola dalla disciplina legale (anche in via analogica) e dal principio di equità, quale fondamentale principio di integrazione del contratto per gli aspetti non determinati e criterio che può concorrere al perfezionamento degli effetti giuridici dell’accordo.

In sintesi si ritiene sia opportuno formalizzare e regolamentare, alla luce delle necessità ed evidenze, con un atto integrativo, il giusto contemperamento dei diversi interessi delle parti in relazione allo scopo ed alla natura di rapporti peculiari nella loro composizione.

Ci riserviamo di dedicare maggiore e più ampia attenzione alla questione successivamente alla predisposizione dell’accordo – tipo che andrà a regolamentare i rapporti tra le società petrolifere e i propri gestori; ciò ci consentirà infatti di avere una visione complessiva e dunque di fare considerazioni maggiormente esaustive.

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