Coronavirus e allarme liquidità: limiti agli obblighi contrattuali pendenti

L’analisi dell’avvocato Bonaventura Sorrentino – studio legale e tributario Sorrentino Pasca Toma

Pur prendendo in considerazione gli impegni istituzionali a supporto della crisi finanziaria e di liquidità, che vede coinvolte anche molte aziende del settore nelle diverse dimensioni e distinti livelli di operatività, dobbiamo prendere atto dei segnali di blocco dei saldi da parte di molti clienti con i quali sono in corso rapporti commerciali e delle mail di clienti che stanno arrivando a molte aziende e che con sfumature diverse esprimono lo stesso concetto sulle difficoltà che non consentono di onorare le spettanze contrattualmente regolamentate né tantomeno i debiti pendenti.

Io partirei dai dati diffusi da Cribis per il 2020 che, ancor prima dello stop delle attività a seguito del decreto Cura Italia, creavano qualche preoccupazione.

Il fabbisogno finanziario per settori per il commercio all’ingrosso è quantificato in 9,4 miliardi di euro, per il trasporto e la logistica in 1,9, nella meccanica strumentale in 1,4, nelle utilities ed energia in 0,7 e nel mining oil & gas in 0,1. Senza considerare i 45 miliardi di euro i debiti della Pubblica Amministrazione verso il mondo delle piccole imprese.

In questo contesto la crisi conseguenziale al blocco dovuto alla emergenza epidemiologica da Covid-19 ha chiaramente aggravato la situazione innescando una sorta di allarme che impatta sul sistema di pagamenti, un blocco che va ad aggravare la già drammatica situazione delle piccole e medie imprese.

Sostanzialmente i tempi lunghi prevedibili per le garanzie dello Stato a supporto di finanziamenti potrebbero avere effetti dirompenti sulle esigenze di finanziamento del capitale circolante, con esigenze crescenti di liquidità.

Informazioni accreditate indicano che lo stop delle attività ha comportato in molti casi il blocco dei pagamenti di merci e prodotti già spediti.

Fatte queste brevi considerazioni di premessa, una diversa regolamentazione riguarda i casi in cui, a contratto di fornitura periodica perfezionato e vigente, per causa di forza maggiore (connessa all’emergenza epidemiologica da Covid-19), dovesse venire meno l’interesse ad una sua prosecuzione da parte del cessionario del prodotto o di chi riceve il servizio contrattualmente regolamentato, magari con scadenze periodiche.

Occorre, in via preliminare, chiarire che alla data della fornitura e del servizio l’adempimento non deve ritenersi possibile, vigente il decreto legge 4 marzo 2020 e successive proroghe.

Ipotizzando che tra i servizi da rendere, alla luce delle disposizioni legislative di tutela della salute vigenti, talune prestazioni sono praticabili, altre presumibilmente debbono rimandarsi; ne deriva che, affinché la prestazione possa essere in ogni caso considerata giusto adempimento, si ritiene opportuno che la parte fornitrice formalizzi le eventuali prestazioni impedite dall’emergenza in atto, intendendosi per impedimento non solo quelli derivanti dai provvedimenti governativi ma anche quelli derivanti ad esempio dalla necessità legittima di esporsi il meno possibile al contagio.

In tal senso l’articolo 1467 c.c. prevede che “Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’articolo 1458”.

Così come l’articolo 1458 c.c. stabilisce che “La risoluzione del contratto per inadempimento ha effetto retroattivo tra le parti salvo il caso di contratti ad esecuzione continuata o periodica, riguardo ai quali l’effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite”.

In concreto, la risoluzione per eccessiva onerosità riguarda un ingiustificato squilibrio tra le prestazioni, con conseguente sproporzionato sacrificio di una parte a vantaggio dell’altra.

In tal caso la parte interessata ha la possibilità di chiedere la risoluzione del contratto, ovvero entrambe le parti possono rinegoziare le obbligazioni contrattuali originarie al fine di riequilibrare gli effetti pregiudizievoli dell’evento incontrollabile ed imprevedibile.

Sostanzialmente si ritiene spettino alla parte fornitrice i pagamenti di tutti i servizi dalla stessa resi; qualora fossero stati corrisposti compensi conto anticipo per prestazioni non rese si ritiene tali compensi non di spettanza.

È consentita, in tale ultimo caso, a parere di chi scrive, l’opportunità di rinegoziare l’accordo tempestivamente e dunque addivenire ad una ridefinizione delle spettanze in via definitiva.