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Avv. Bonaventura Sorrentino
Studio legale e tributario Sorrentino Pasca Toma
Una riflessione di Bonaventura Sorrentino sull’applicazione delle nuove norme e sui possibili modi per dissuadere gli operatori dal ricorrere al “mercato parallelo”, repressione a parte.
Le norme antifrode riportate nella legge di Bilancio 2018 (Legge 27 dicembre 2017, n. 205) risultano, per molti aspetti, poco chiare e sicuramente non esaustive nella loro regolamentazione applicativa, lasciando lacune con riferimento a diversi aspetti rilevanti: per esempio sulla corretta quantificazione della base imponibile su cui calcolare l’imposta ed il valore della fideiussione; ancora si discute in sede di verifica fiscale sulla decorrenza del decreto di attuazione della norma, così come sulle procedure di riconoscimento e validità delle polizze fideiussorie a garanzia dell’imposta, spesso… aspettando i tempi dell’Agenzia per ottenere il suo placet sulle polizze depositate, le due fasi che in sede di verifica l’una propedeutica all’altra; più specificamente si presume che in sede di controllo o di verifica bisogna valutare la congruità del prezzo praticato dal cedente e riportato sulla fattura di acquisto, verificando altresì il mancato versamento dell’imposta da parte di quest’ultimo, questione su cui abbiamo già scritto… e così via.
In un quadro normativo di questo tipo devono purtroppo muoversi, con sforzi encomiabili, i verificatori prima e gli inquirenti poi, che tutti i giorni sul campo provano a contrastare un fenomeno complesso e complicato da combattere.
Quando si parla di illegalità nel settore petrolifero si pensa prevalentemente alle frodi finalizzate alla evasione dell’imposta sul valore aggiunto e delle accise e tipicamente alle frodi nelle importazioni e nelle false esportazioni ed a come è stato orientato il legislatore per promulgare norme che si prefiggono di arginare un fenomeno devastante per il mercato energetico.
Tutti provano a parlarne, ad esultare ad ogni nuova legge emanata a tal fine e a deprimersi ad ogni risultato mancato, che si evidenza, nell’immediatezza della applicazione delle norme, con l’imperterrito dilagare dei fenomeni di frode, seppure si segnalano successi della Guardia di Finanza e delle Agenzie, evidentemente solo in parte favoriti dalle recenti norme.
Il fenomeno è molto complicato, paragonabile ad un mostro a più teste che addirittura, come un’araba fenice, rinasce dalle proprie ceneri quando si pensa di averlo sconfitto.
Forse perché il problema da risolvere richiede una disamina meno semplicistica di quella che porta a mettere in piedi norme spesso, per taluni aspetti, carenti, come si sta vedendo nella lacunosa applicazione di quelle più recenti.
Partiamo da una considerazione di fondo: il legislatore si è mosso con un ritardo estremo rispetto ad un fenomeno delinquenziale fortemente incrementatosi da più di un decennio a questa parte, non fornendo in passato nella immediatezza ai verificatori, nonostante gli sforzi e l’impegno di questi ultimi, strumenti di controllo e di repressione immediati ed adeguati.
Intanto l’illegalità cresceva, guadagnandosi spazi di penetrazione nel mercato petrolifero ai diversi livelli della catena commerciale e dunque creando un effetto domino: se l’illegalità, oltre a danneggiare l’Erario, porta a prezzi del prodotto al di fuori di ogni corretta logica concorrenziale, avvantaggiando chi ne fa uso consentendogli di occupare nuovi spazi di mercato, ecco che, come effetto domino, la scelta per molti è stata quella di ritenere di “non potersi non adeguare”, pena, in molti casi, il rischio di rimetterci l’azienda. Dunque una pletora di potenziali evasori a supporto della illegalità praticata da sedicenti trader e cantrabbandieri.
Sostanzialmente combattere un fenomeno delinquenziale che non si appoggia semplicemente a malavitosi ma che, sempre più negli anni, ha “piegato” anche parte della imprenditoria comune, richiede preliminarmente una analisi concreta delle dinamiche che hanno alterato il mercato reale ed una soluzione da ricercare anche nelle logiche di mercato.
Dunque per combattere il mostro della illegalità non basta “il bastone” delle norme restrittive ma ad essa va associata la “carota” di regole economiche e fiscali coerenti, equilibrate ed eque.
Sostanzialmente, nuove e più rigide regole sulla liberalizzazione dei prodotti energetici ed un peso fiscale meno gravoso sugli stessi potrebbe forse indurre taluni imprenditori a non rischiare un processo penale, facendoli desistere dal partecipare a sistemi fraudolenti. Non sono così ingenuo da pensare che tali strumenti possano indurre gli evasori a desistere a fronte di guadagni così rilevanti ma, associati a forme repressive e di controllo ancor più stringenti, forse potrebbero servire. Detto questo, c’è un ulteriore aspetto da considerare: chi fa il mio mestiere e conosce il problema sa che nei tribunali, dove si svolgono i processi penali per reati di frode fiscale sui prodotti energetici o per associazione a delinquere finalizzata alla evasione che coinvolgono appartenenti al settore petrolifero, ma anche in sede tributaria, spesso si assiste alla litania di imprenditori coinvolti nelle indagini che devono dimostrare di aver indagato sufficientemente sulla serietà e correttezza dei propri fornitori o dei propri clienti e dunque di aver correttamente intuito che la merce che acquistano, proveniente dall’ estero, fosse stata correttamente nazionalizzata o dimostrare che a chi hanno venduto sembrava, senza alcun dubbio, si fosse legalmente dichiarato esportatore abituale e così via; praticamente un ruolo ulteriore investigativo nell’ambito della filiera commerciale che a fortiori coinvolge, in taluni casi, anche imprenditori onesti. Qui non si discute dei delinquenti dediti alle frodi fiscali che vanno stanati e puniti, ma più semplicemente di norme che creano insicurezza anche agli imprenditori onesti.
Si chiede in sostanza la collaborazione di questi ultimi, ma con il concreto rischio di un loro coinvolgimento per il solo fatto di potersi ritrovare coinvolti in qualche filiera commerciale composta, a monte oppure a valle, anche da evasori e doversi poi difendere con una forma di “inversione” dell’onere della prova.
Nel quadro normativo attuale di questo devono purtroppo muoversi, con sforzi encomiabili, i verificatori prima e gli inquirenti poi, che tutti i giorni sul campo provano a contrastare un fenomeno complesso con strumenti normativi inadeguati e poco chiari nella loro applicazione.
Ma “la speranza è l’ultima a morire” oppure “chi di speranza vive disperato muore”? Anche stavolta, ai posteri l’ardua sentenza.
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