Le riflessioni di Bonaventura Sorrentino
Il legislatore, con talune disposizioni di merito di cui al bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021, mira ad arginare ancor di più l’operatività fraudolenta praticata nel settore petrolifero, sostanzialmente con previsioni orientate ad incrementare forme di controllo telematico nel trasferimento del prodotto sul territorio e regolamentando, con maggiore rigore, la procedura per la movimentazione dello stesso nell’ambito di operatività dei depositi, tipico strumento utilizzato per le frodi.
Una prima disposizione, riportata al comma 1075 del riferimento normativo richiamato obbliga, entro il 31 dicembre 2021, gli esercenti i depositi commerciali di prodotti energetici assoggettati ad accise, di capacità non inferiore a 3.000 metri cubi, di dotarsi del sistema Infoil.
Sistema che consente la consultazione autonoma e diretta dei dati di interesse fiscale da parte del personale dell’Ufficio delle dogane territorialmente competente tramite apposite postazioni di accesso presso il deposito, rispondenti alle caratteristiche ed alle funzionalità di cui ai paragrafi 1.1 e 1.2 della circolare 14/D del 10 agosto 2010.
Sostanzialmente si apporta una modifica all’articolo 10 del decreto legge n. 124 del 2019, estendendo il suddetto obbligo ai soggetti innanzi richiamati.
Lo scopo è quello di uniformare le procedure di controllo sui depositi fiscali di stoccaggio a quelle già previste per le raffinerie e gli stabilimenti di produzione di prodotti energetici.
Un sistema informatizzato di controllo in tempo reale delle fasi relative alla gestione della produzione, detenzione e movimentazione dei prodotti consente alla Agenzia di procedere all’accertamento della liquidazione dell’imposta utilizzando i dati necessari per la determinazione della quantità e della qualità dei prodotti energetici rilevati dal sistema Infoil.
Va detto che il Direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli con determinazione del 31 luglio 2020 n. 266728 /RU ha fissato tempi e procedure per l’esecuzione.
Dunque sistema Infoil quale strategia di contrasto alle frodi, chiarendo, da ultimo, che la installazione di sistemi di telemisurazione favorisce comunque l’accesso autonomo e diretto da parte della Amministrazione Finanziaria ai relativi dati di informazione garantendo una maggiore certezza non solo sulla quantificazione dei flussi ma, dato da non sottovalutare, la operatività reale di detti depositi scongiurandone un uso di comodo.
Èdi tutta evidenza l’importanza di criteri e sistemi telematici, sia con riferimento alla tempestiva conoscibilità dei dati che ad ogni conseguente considerazione in merito alla loro elaborazione.
Un’ulteriore modifica riguarda l’obbligo di trasmissione della garanzia necessaria per l’immissione in consumo da deposito fiscale o per l’estrazione dal deposito di un destinatario registrato, a cura del soggetto che presta la garanzia, per via telematica, all’Agenzia delle Entrate, che rilascia apposita ricevuta telematica con l’indicazione di protocollo di ricezione.
Gli stessi gestori dei depositi hanno in tal senso facoltà di accedere alle informazioni indicate nella garanzia mediante i servizi telematici resi disponibili dall’Agenzia delle Entrate.
In sintesi viene integrato il disposto normativo secondo il quale, nel caso di deposito fiscale utilizzato anche come deposito iva è previsto il pagamento dell’iva anticipato, ovvero al momento di immissione in consumo di oli minerali del deposito fiscale di estrazione o dal deposito di un destinatario registrato; così come la previsione che dispone la consegna in originale della ricevuta di versamento al gestore del deposito e, in mancanza di tale ricevuta, stabilisce che il gestore del deposito sia solidalmente responsabile dell’imposta sul valore aggiunto non versata.
Notoriamente nel caso di depositi ad utilizzo misto, le norme sul pagamento anticipato dell’Iva non si applicano in presenza di due condizioni concomitanti: la riconosciuta affidabilità dell’operatore insieme alla prestazione di idonea garanzia.
Ne deriva che con le modifiche in esame detta garanzia è trasmessa, a cura del soggetto che presta la garanzia, per via telematica all’Agenzia delle entrate, che come, abbiamo riportato, rilascia apposita ricevuta telematica con indicazione del protocollo di ricezione.
Entrando nel merito della necessità del provvedimento in esame, esso si rende necessario per le condotte illecite finalizzate ad eludere l’obbligo di versamento anticipato dell’Iva con la falsa attestazione dei requisiti di affidabilità e la presentazione di false garanzie all’Agenzia delle entrate da parte di società cartiere praticanti procedure atte a superare i riscontri effettuati dalla Agenzia sulla veridicità delle garanzie.
Sostanzialmente, al fine di contrastare condotte illecite, il legislatore con la norma in esame ha modificato ed integrato quella precedente prevedendo la sostanziale dematerializzazione della trasmissione del modello di garanzia e stabilendo che la comunicazione dei dati avvenga telematicamente all’Agenzia delle entrate direttamente da parte del soggetto garante invece di quello per conto del quale avviene l’immissione in consumo, come accade adesso, prevedendo altresì la facoltà per i gestori dei depositi di accedere alle informazioni indicate nella garanzia mediante i servizi telematici resi disponibili dall’Agenzia delle entrate.
Èdi tutta evidenza che tale nuova procedura consente alla Amministrazione Finanziaria una maggiore incisività nel contrasto alle frodi, ostacolando la possibilità sia delle estrazioni che delle immissioni in consumo di prodotti petroliferi in deroga in deroga all’obbligo di versamento anticipato dell’imposta con garanzia false.
Di particolare interesse, anche interpretativo, è il comma 1077 del Bilancio di previsione dello Stato. Il riferimento normativo richiamato stabilisce che per i depositi costieri di oli minerali e per quelli di stoccaggio dei medesimi prodotti, autorizzati, e fatta eccezione per i depositi di stoccaggio di gas di petrolio liquefatti, la variazione della titolarità od il trasferimento della gestione sono valide ed efficaci a condizione: a) di una preventiva comunicazione di inizio attività da trasmettere alle competenti autorità amministrative ed all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli; b) all’ottenimento del successivo nulla osta rilasciato dalla medesima Agenzia previa verifica in capo al soggetto subentrante della sussistenza del requisito della affidabilità economica e dei requisiti soggettivi prescritti dagli articoli 23 e 25 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504. Il nulla osta è rilasciato entro 60 giorni dalla ricezione della comunicazione.
Molte le zone grigie esegetiche di questo comma che richiedono chiarimenti per una sua corretta applicazione, enunciando ad oggi principi generici ed approssimativi.
Intanto richiede una preventiva comunicazione di inizio attività, da trasmettere alle competenti autorità amministrative ed all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli per il rilascio di un nulla osta, nei casi di variazione della titolarità o del trasferimento della gestione.
Già il concetto di “variazione della titolarità” così come quello di “trasferimento della gestione”, nell’ambito di operazioni straordinarie di natura aziendalistica, quali condizioni e presupposti che obbligherebbero ad una comunicazione per inizio attività, lasciano perplessi.
Intanto è opinabile che la mera variazione di titolarità in capo ad un soggetto giuridico operante ed in continuità aziendale possa, in ogni caso, giustificare l’inizio di una nuova attività; ciò in quanto la variazione della titolarità in una compagine societaria è tutta da definire, sostanzialmente può voler dire tutto oppure niente.
La nuova titolarità può certamente identificarsi in un nuovo soggetto giuridico acquirente, qualche dubbio sorge con riferimento ad una nuova compagine societaria maggioritaria all’interno della stessa società ed ancor più in caso di mera trasformazione sulla tipologia.
Per maggiore chiarezza, Il legislatore del 2003 ha novellato il testo dell’art. 2498 cod. civ., disponendo che, con la trasformazione, l’ente trasformato conserva i diritti e gli obblighi e prosegue in tutti i rapporti anche processuali dell’ente che ha effettuato la trasformazione. Quindi la trasformazione, sia essa omogenea che eterogenea, ha un elemento comune caratterizzante che il Legislatore ha indicato nell’art. 2498 del c.c., cioè quello della continuità dei rapporti giuridici. In altri termini con la trasformazione l’ente trasformato conserva i diritti e gli obblighi oltre che i rapporti in corso di esecuzione sia sotto il profilo sostanziale che processuale. Quindi l’esplicita consacrazione normativa del principio di continuità dei rapporti giuridici recepisce l’orientamento ormai consolidato che considera la trasformazione come una vicenda meramente modificativa e non novativo-successoria. Pertanto la trasformazione non comporta l’estinzione dell’ente e la creazione di un nuovo soggetto giuridico, ma solo un mutamento della struttura organizzativa del medesimo ente. Tale esito, inoltre, non si verifica nemmeno quando, a seguito della trasformazione da un tipo personalistico ad uno capitalistico, ovvero anche all’inverso – come accade nella trasformazione c.d. regressiva: cfr. Cass. Civ., Sez. II, 15622/12 – la società trasformata acquisisce la personalità giuridica.
Le stesse considerazioni possono riguardare la giustificazione di un presunto inizio di attività nel caso di trasferimento della gestione in continuità aziendale. Sostanzialmente, un ‘ operazione deve essere qualificata come trasferimento d’azienda o di ramo ove vi sia il passaggio dei beni mobili o immobili che consentono lo svolgimento dell’attività d’impresa ovvero si verifichi la sostanziale prosecuzione, da parte del secondo imprenditore, dell’attività già svolta dal primo. Prosecuzione che non sempre realizza il presupposto che giustifichi un inizio attività.
Passando alla verifica della sussistenza del requisito dell’affidabilità economica, anche esso lascia ampi spazi di dubbi esegetici, presumendo si richieda una affidabilità economica di natura aziendalistica; anche perché per la sua identificazione non è esplicitato il richiamo al decreto del 13 febbraio 2018. Qualora invece si volesse intendere l’affidabilità economica riportata in quest’ultimo, I criteri di affidabilità si considerano integrati, qualora ricorra una delle seguenti condizioni: a) il soggetto è certificato ai sensi degli articoli 38 e seguenti del regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 ottobre 2013; b) il soggetto è esonerato dall’obbligo di presta-re cauzione ai sensi dell’art. 90 del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43; c) il soggetto è esonerato dall’obbligo di prestazione della cauzione ai sensi dell’art. 5, comma 3, lett. a) del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, relativamente al deposito fiscale di cui risulta titolare.
Sostanzialmente condizioni estreme, ai margini della costituzionalità, per disparità di trattamento, se si pretendono ad esempio da un’imprenditoria in una situazione di inizio attività, come la stessa norma enuncia; oltre al fatto che quella definizione ha una specifica finalità di natura fiscale. Un criterio aziendalistico nulla può avere a che fare con paletti di natura tributaria che prevaricano una affidabilità economica/aziendalistica di più ampia intesa ed a mio giudizio maggiormente incisiva, riguardando quest’ultima la situazione economica, finanziaria e societaria in maniera equilibrata, ossia che tenga conto del percorso imprenditoriale e della vita aziendale o di un business plan adeguato in caso di inizio attività.
Oltre alle condizioni innanzi enunciate, il comma 1077 richiede inoltre al soggetto subentrante, la sussistenza dei requisiti soggettivi prescritti dagli articoli 23 e 25 del testo unico di cui al decreto legislativo del 26 ottobre 1955 n. 504.
Secondo il disposto dell’articolo 23 richiamato, la gestione in regime di deposito fiscale può essere autorizzata, laddove sussistano effettive necessità operative e di approvvigionamento dell’impianto, per i depositi commerciali di gas di petrolio liquefatti di capacità non inferiore a 400 metri cubi e per i depositi commerciali di altri prodotti energetici di capacità non inferiore a 10.000 metri cubi.
La gestione in regime di deposito fiscale può essere, altresì, autorizzata per i depositi commerciali di gas di petrolio liquefatti di capacità inferiore a 400 metri cubi e per i depositi commerciali di altri prodotti energetici di capacità inferiore a 10.000 metri cubi quando, oltre ai presupposti di cui al comma 3, ricorra almeno una delle seguenti condizioni:
a) il deposito effettui forniture di prodotto in esenzione da accisa o ad accisa agevolata o trasferimenti di prodotti energetici in regime sospensivo verso Paesi dell’Unione europea ovvero esportazioni verso Paesi non appartenenti all’Unione europea, in misura complessiva pari ad almeno il 30 per cento del totale delle estrazioni di un biennio;
b) il deposito sia propaggine di un deposito fiscale ubicato nelle immediate vicinanze appartenente allo stesso gruppo societario o, se di diversa titolarità, sia stabilmente destinato ad operare al servizio del predetto deposito.
Secondo l’articolo 25 richiamato, gli esercenti depositi commerciali di prodotti energetici assoggettati ad accisa devono denunciarne l’esercizio all’Ufficio dell’Agenzia delle dogane, competente per territorio, qualunque sia la capacità del deposito.
È di facile evidenza che il legislatore ancora una volta non tiene conto di quello che potrebbe forse essere il fattore determinante da prendere in considerazione per un’efficace politica di contrapposizione alle frodi praticate da taluni depositi e ridurne l’operatività: l’indagine dovrebbe forse riguardare la permanenza o meno, allo stato, della necessità, alla luce dei cambiamenti della viabilità, della logistiche e della dislocazione territoriale, di una operatività così numerosa di depositi nell’ambito del territorio nazionale.
Sostanzialmente le effettive necessità operative e di approvvigionamento, per la necessità di dislocazione, non riflettono sicuramente le originarie esigenze.
Forse proprio una analisi di tale natura potrebbe far ritenere agli organismi istituzionali l’assenza dei presupposti che giustifichino l’emissione di nuove licenze o autorizzazioni di tale natura.