I nuovi criteri dell’Agenzia delle Dogane sui depositi fiscali

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Le riflessioni di Bonaventura Sorrentino sui requisiti oggettivi previsti dalla circolare del 4 dicembre

Nella normativa fiscale sui prodotti petroliferi la circolare dell’Agenzia delle Dogane n. 140/D del 4 dicembre scorso, diramata in attuazione dell’articolo 1 della legge 11 dicembre 2016 n. 232 che ha riformato l’art. 23 del Testo Unico sulle Accise, ha una portata innovativa fondamentale anche sotto il profilo della lotta all’illegalità(v. Staffetta 04/12). Come illustra l’avvocatoBonaventura Sorrentino, dello studio legale e tributario Sorrentino Pasca Toma, nella nota in cui ne mette in rilievo i contenuti innovativi, con particolare riguardo ai nuovi criteri e ai nuovi requisiti che occorre rispettare per ottenere il rilascio dell’autorizzazione e della licenza fiscale.

Nell’ambito delle iniziative del legislatore finalizzate a contrastare la lotta alla illegalità nel settore petrolifero, rientrano i nuovi più rigidi criteri di selezione per il rilascio dell’autorizzazione che consenta di operare quale deposito fiscale; ciò in considerazione del fatto che essi sono tipicamente strumenti per una operatività volta alle frodi fiscali.

I chiarimenti dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, riportati nella circolare n. 14/D del 4 dicembre 2017, vedono la loro origine all’articolo 1 della legge 11 dicembre 2016 n.232, che ha riformulato l’art. 23 del Decreto Legislativo n. 504/95 che regolamenta appunto i depositi fiscali dei prodotti energetici.

Il decorso di quasi un anno dalla norma lascia intuire l’importanza della circolare e l’attenzione resasi necessaria nella sua stesura.

Nel merito del suo contenuto, va fatta una considerazione di premessa: già l’articolo 16 della Direttiva Comunitaria 2008/118/CEE del 16 febbraio 2008, richiamato nella circolare in esame, stabiliva che: ”L’apertura e l’esercizio di un deposito fiscale da parte di un depositario autorizzato sono subordinati all’autorizzazione delle autorità competenti dello Stato membro in cui è situato il deposito fiscale. Tale autorizzazione è soggetta alle condizioni che le autorità hanno il diritto di stabilire per impedire ogni possibile evasione o abuso”.

Sostanzialmente può ritenersi che il legislatore nazionale, nel predisporre le regole originarie per l’apertura di un deposito fiscale, abbia già tenuto conto delle indicazioni comunitarie, finalizzate appunto all’impedimento di ogni possibile evasione od abuso attraverso lo strumento di tale tipologia di deposito, con una regolamentazione normativa risultata evidentemente inadeguata. Così come resta da capire se il dover assoggettare l’autorizzazione alle condizioni che, di volta in volta, le autorità hanno diritto di stabilire per impedire ogni possibile evasione, siano da intendersi quali procedure di tutela e verifica dei presupposti oggettivi o soggettivi atti a garantire l’affidabilità del richiedente e se “alzare l’asticella“, con riferimento alle potenzialità commerciali ed alla capacità degli impianti quale requisito necessario, possa essere condizione ininfluente sulla operatività degli imprenditori onesti.

Le modifiche all’art. 23 del TUA

La precedente stesura dell’articolo 23 del T.U.A. (in vigore dal primo aprile 2010 fino alla introduzione della nuova regolamentazione) consentiva il regime di deposito fiscale:

a) alle raffinerie ed agli altri stabilimenti di produzione di prodotti energetici;

b) agli altri stabilimenti di produzione di prodotti energetici di cui all’articolo 21, comma 1, sottoposti ad accisa, ad esclusione del gas naturale, di prodotti sottoposti ad accisa ai sensi dell’articolo 21, commi 4 e 5;

c) agli impianti petrolchimici.

La norma richiamata consentiva la “gestione in regime di deposito fiscale”:

a) ai depositi, per uso commerciale, di prodotti energetici di capacità superiore a 3000 metri cubi;

b) ai depositi di gas di petrolio liquefatto di capacità superiore a 50 metri cubi;

c) ai depositi di prodotti petroliferi di capacità inferiore, in presenza di effettive necessità operative e di approvvigionamento dell’impianto.

La riformulazione dell’articolo 23 del T.U.A. così come modificato dalla legge 11 dicembre 2016 n. 232, conferma la possibilità di operate con lostatusdi depositi fiscali agli impianti di produzione, ciò in considerazione della loro attività, identificabile in cicli di fabbricazione, trasformazione o lavorazione di prodotti assoggettati ad accisa. Stiamo parlando delle raffinerie e degli impianti petrolchimici, per i cicli di lavorazione e processi industriali in essi eseguiti.

Il regime di deposito fiscale è altresì consentito per “gli altri depositi di produzione” che sono qualificati ai nostri fini come tali:

a) se ottengono prodotti energetici per i quali è previsto uno specifico livello di accisa (articolo 21, comma 2), od i restanti prodotti energetici (articolo 21, comma 3);

b) se ottengono ogni altro prodotto od idrocarburo (articolo 21, commi 4 e 5) ove sottoposti a tassazione per equivalenza in relazione all’uso come carburanti per motore o combustibili per riscaldamento.

La circolare ribadisce il principio secondo cui laddove sia consentita la gestione dell’impianto in regime di deposito fiscale per l’effettuazione di determinate produzioni, tali produzioni devono realmente caratterizzare l’attività svolta.

Le finalità antielusive

Sostanzialmente, al fine di scongiurare finalità antielusive, è necessario accertare la rispondenza tra attività produttiva che abilita a richiedere la gestione dell’impianto in deposito fiscale ed operazioni realmente eseguite nel deposito autorizzato onde impedire, mediante un uso distorto delle disposizioni in esame, con elusione dell’applicazione delle norme più stringenti riservate, come vedremo, ai depositi commerciali.

Tant’è che le indicazioni delle Dogane, nel merito, chiariscono che, la mancanza ma anche l’esecuzione in via residuale di lavorazioni a fronte di una contestuale “prevalente” attività di detenzione e commercializzazione di prodotti energetici, non utilizzati come materie prime, comporta il venir meno dei requisiti di stabilimento di produzione.

Esemplificativamente la circolare cita:

a) il caso di un impianto di preparazione di emulsioni o di additivi per prodotti energetici, produzioni di norma effettuale in regime di deposito fiscale, dove non si eseguono siffatte lavorazioni o si effettuano in via residuale rispetto ad altre movimentazioni e che opera, di fatto, come deposito commerciale di carburanti;

b) il caso di impianti nei quali vengono fabbricati solo prodotti non soggetti ad accisa per i quali trova applicazione il D.M. n. 322/95 né possono essere qualificati come tali quelli nei quali l’attività produttiva è limitata ad operazioni nel corso delle quali si ottengono, in via occessoria, piccole quantità di prodotti energetici;

c) il caso di impianto in cui è unicamente effettuata la miscelazione di prodotti energetici tra di loro o con altre sostanze in assenza di fabbricazione dei suddetti prodotti o di effettuazione di trattamenti definiti, va classificato come altro stabilimento di produzione solo qualora dalla miscela derivi l’insorgenza di un carico d’accisa superiore a quello gravante sui singoli componenti; qualora dunque nel deposito sia prevalente la detenzione e commercializzazione di prodotti energetici non utilizzati come materie prime, così da far risultare residuale l’attività di miscelazione, la possibilità di continuare ad operare in regime di deposito fiscale va valutata sulla base dei criteri previsti dai commi 3 e 4 dell’articolo in esame.

L’esercizio degli stabilimenti di produzione in regime di deposito fiscale viene consentito previo rilascio dellaspecifica licenzada parte dell’Ufficio delle Dogane.

L’aricolo 23 del T.U.A., al comma 3, prevede l’autorizzazione per la gestione “in regime di deposito fiscale”, laddove sussistanoeffettive necessità operative e diapprovvigionamento dell’impianto:

a) per i depositi commerciali di gas di petrolio liquefatto, di capacita non inferiore a 400 metri cubi;

b) per i depositi commerciali di altri prodotti energetici di capacità non inferiore a 10.000 metri cubi.

Il comma 4 dello stesso articolo consente l’autorizzazione di una gestione in regime di deposito fiscale:

a) per i depositi commerciali di gas di petrolio liquefatti di capacità inferiore a 400 metri cubi;

b) per i deposti commerciali dialtri prodotti energeticidi capacità inferiore a 10.000 metri cubi quando, in entrambi i casi ( sub a e sub b),oltre ai presupposti di cui al comma 3, ricorraalmeno unadelle seguenti condizioni:

1) il deposito effetui forniture di prodotto in esenzione da accisa oppure ad accisa agevolata o trasferisca prodotti energetici in regime sospensivo verso Paesi dell’Unione europea ovvero esporti verso Paesi non appartenenti all’Unione europea.in misura complessiva pari ad almeno il 30 per cento del totale delle estrazioni di un biennio;

2) il deposito sia propaggine di un deposito fiscale ubicato nelle immediate vicinanze appartenente allo stesso gruppo societario o, se di diverse titolarità, sia stabilmente destinato ad operare al servizio del predetto deposito.

Chiaramente l’esercizio dei depositi autorizzati è subordinato al rilascio dellalicenza di esercizio.

I chiarimenti delle Dogane

Con riferimento a tale disposto normativo, la circolare delle Dogane chiarisce, interpretando il senso letterale della norma, che diversamente dalle raffinerie, dagli altri stabilimenti di produzione e dagli impianti petrolchimici,per i depositi commerciali di prodotti energeticila possibilità di istituire un deposito fiscale richiede l’adozione da parte dell’Ufficio delle Dogane di una autorizzazione fondata sulla riscontrata esistenza di determinati presupposti e, per gli impianti al di sotto di una prefissata capacità di stoccaggio, anche di ulteriori specifiche condizioni legittimanti.

Ancora più chiaramente per i depositi commerciali definiti “soprasoglia” ossia:

• per i depositi commerciali di GPL di capacità non inferiore a 400 metri cubi e

• per i depositi commerciali DI ALTRI PRODOTTI ENERGETICI di capacità non inferiore a 10.000 metri cubi

l’autorizzazione a ricevere, detenere e spedire prodotti in sospensione da accisa è subordinata alla sussistenza di effettive necessità operative e di approvvigionamento dell’impianto.

Entrambe le categorie di depositi di stoccaggio sono state individuate qualiinfrastrutture energetiche strategiche, tenendo conto del ruolo essenziale che i suddetti depositi rivestono per l’approvvigionamento petrolifero del Paese sia come centri di stoccaggio e distribuzione che come luoghi di introduzione di prodotti provenienti da Stati membri dell’Unione Europea e da Paesi extra-UE.

Le necessità operative

La circolare delle Dogane nel merito chiarisce che tali modalità operative e la necessità di garantire la continuità di rifornimenti in quantità adeguate a corrispondere alle esigenze di certe zone geografiche, soddisfano i presupposti fissati dal citato comma 3 dell’articolo 23 a tutela dell’interesse fiscale.

Viene altresì chiarito che, ottenuta l’autorizzazione, ai sensi del comma 5 dell’articolo 23, l’esercizio dell’impianto resta comunque subordinato al rilascio della specifica licenza che fa sorgere a carico del depositario autorizzato gli obblighi prescritti dall’artricolo 5, comma 3 del decreto legislativo n. 504/95 riguardanti la gestione dell’impianto in regime di deposito fiscale nonché la soggezione a vigilanza finanziaria.

Passando ai depositi commerciali di prodotti energetici definiti “sottosoglia“, ossia:

• i depositi commerciali GPL di capacità inferiore a 400 metri cubi ed

• i depositi commerciali DI ALTRI PRODOTTI ENERGETICI di capacità inferiore a 10.000 metri cubi

abbiamo visto che la richiesta di gestione in regime di deposito fiscale comporta un esame di maggiore verifica nel senso che oltre i presupposti:

• delle necessità operative e

• di approvvigionamento dell’impianto

occorre verificare che ricorra almeno una delle condizioni riportate nel comma 4 dell’articolo 23.

In sostanza, va verificato in primo luogo, che la detenzione di prodotti sottoposti ad accisa in regime sospensivo sia funzionale all’esercizio dell’attività espletata dal deposito e trovi rispondenza nell’operatività dello stesso, operatività che richiede la ricezione e spedizione dei prodotti in tale posizione fiscale.

Secondo la circolare n. 14, che richiama il contenuto dell’articolo 23, comma 4, realizzano sicuramente la condizione delleeffettive necessità operative:

• ciascuna delle fattispecie previste dalla lettera a) del comma 4: le forniture di prodotti destinati ad impieghi agevolati, a movimentazioni comunitarie ed alle esportazioni

• la relazione di dipendenza dell’impianto per il quale si chiede l’autorizzazione da altro esistente deposito fiscale.

Deve trattarsi di una operatività reale, nel senso che la mera presenza di unimpianto di denaturazionenon giustifica di per sé il regime di deposito fiscale qualora non utilizzato od utilizzato occasionalmente.

Con riferimento alla condizione identificabile nelleesigenze di approvvigionamento.

Esse sono comprovabili dalla localizzazione in aree non servite da depositi fiscali o comunque carenti sotto il profilo distributivo a motivo della conformazione geografica del territorio, della forte parcellizzazione dei soggetti destinatari dei prodotti o della peculiare tempistica degli approvvigionamenti richiesti dai consumatori finali.

In tale ultimo ambito, chiarisce la circolare, qualora fondata sull’esclusivo rifornimento di utilizzatori agevolati, l’istituzione di un deposito fiscale può trovare giustificazione in presenza di adeguate esigenze economiche da soddisfare in termini di quantitativi di prodotti da movimentare.

I requisiti oggettivi

Dunque leeffettive necessità operativeele esigenze di approvvigionamentosono da considerare “requisiti presupposto”, soddisfatti i quali, l’esercizio dell’impianto deve comunque soddisfare almeno una delle condizioni di operatività previste ai punti 1) e 2) innanzi riportati.

La condizione di cui al punto 1) riguarda lespedizioni dei prodottie vincola l’esercente a riservare almeno il 30 per cento del totale delle estrazioni di un biennio all’effettuazione delle seguenti operazioni che, singolarmente o in forma cumulativa, possono concorrere al raggiungimento della quota:

• forniture per impieghi agevolati che prevedono l’utilizzo del prodotto in esenzione da accisa o ad aliquota ridotta. Sono inclusi i rifornimenti aerei e navali che non danno luogo al pagamento dell’accisa. Non sono computabili le estrazioni di prodotto assoggettato ad accisa ad aliquota intera seppur differenziata da altra gravante, sul medesimo prodotto, per l’uso maggiormente tassato;

• spedizioni di prodotti energetici in regime sospensivo verso Stati membri dell’Unione europea. Sono inclusi i trasferimenti di prodotti in sospensione d’accisa che hanno inizio e si concludono nel territorio dello Stato limitatamente a quelli eseguiti in applicazione di una disciplina agevolativi (es., trasferimenti di carburanti esenti per la navigazione marittima ai sensi del punto 3 della Tabella A allegata al D.Lgs. n. 504/95 da deposito fiscale ad impianto di distribuzione ex art. 3 del D.M. n. 225/2015; forniture a destinatario registrato utilizzatore agevolato ex punto 9 della Tabella A);

• esportazioni verso Paesi terzi.

La condizione racchiude il caso in cui l’impianto ha una gestione vincolata dal ruolo di propaggine di un deposito fiscale in attività. Le necessità operative e di approvvigionamento sono ricomprese nello scopo ausiliario rivestito.

In particolare, ricade in tale previsione il deposito che:

• ha un legame di accessorietà con altro deposito fiscale principale, strumentale al soddisfacimento dell’operatività di quest’ultimo (tipicamente, deposito prevalentemente adibito ad estensione dello stoccaggio di una raffineria o di un impianto petrolchimico);

• assicura un effettivo collegamento territoriale con il deposito fiscale principale, comprovato dalla sua vicinanza fisico-spaziale;

• appartiene allo stesso gruppo societario titolare del deposito fiscale principale.

Distinta fattispecie assimilata è quella in cui il deposito è gestito da soggetto giuridico non sottoposto ad attività di direzione e coordinamento. Fermi restando gli altri due requisiti prescritti, occorre riscontrare la dipendenza delle forniture da un deposito fiscale soprasoglia, da una raffineria o da un impianto petrolchimico determinata da una pregressa e consolidata relazione contrattuale (ad es., deposito stabilmente rifornito, attraverso collegamento con oleodotto, da un’adiacente raffineria).

Ai sensi del comma 12 dell’art. 23, la permanenza delle condizioni del comma 4 sarà oggetto di periodico monitoraggio da parte degli Uffici delle dogane territorialmente competenti.

La licenza fiscale

Analogamente alle altre figure di deposito fiscale, l’esercizio dell’impianto resta subordinato al rilascio da parte dell’Ufficio delle dogane dellalicenza fiscale(comma 5).

La norma in esame oggetto di interpretazione da parte della Agenzia delle Dogane con la circolare n. 14/2017, stabilisce che oltre ai requisiti oggettivi innanzi delineati, requisiti soggettivi sono richiesti al depositario autorizzato.

Va chiarito che la norma, con riferimento alla sua applicazione, prevede una disciplina transitoria con regime differenziato per i depositi commerciali autorizzati quali depositi fiscali con il pregresso ordinamento ed alla luce della nuova regolamentazione ricadenti nella sfera di operatività del citato comma 4 del riformulato articolo 23.

Tutto ciò in considerazione della forte incidenza che sarebbe potuta derivare su tali impianti dalla immediata attuazione della nuova disciplina; pertanto la disposizione in esame riserva agli esercenti idepositi fiscali di GPLaventi capacità inferiore a 400 metri cubi e di PRODOTTI ENERGETICI aventi capacità inferiore a 10.000 metri cubi un congruo termine (fino al 31 dicembre 2019) per adeguarsi alle introdotte condizioni.

1) Più specificamente, con riferimento alla condizioneche il deposito effetui forniture di prodotto in esenzione da accisa oppure ad accisa agevolata o trasferisca prodotti energetici in regime sospensivo verso Paesi dell’Unione europea ovvero esporti verso Paesi non appartenenti all’Unione europea. in misura complessiva pari ad almeno il 30 per cento del totale delle estrazioni di un biennio;la verifica del soddisfacimento del limite minimo percentuale di forniture agevolate o movimentazioni verso Paesi membri o extra UE avrà inizio dal 1 gennaio 2020 e sarà parametrata, nella prima applicazione, sul totale delle estrazioni effettuate dal deposito fiscale nel triennio 2017-2019. Per gli anni successivi varrà la regola ordinaria che fonda il calcolo delle spedizioni sul biennio.

2) La permanenza dei presupposti per operare in regime sospensivo potrà essere valutata ricorrendo alla disposizione prevista dalla lettera b) del comma 4 nei casi di depositi fiscali di PRODOTTI ENERGETICI di capacità superiore a 3.000 metri cubi e di GPL di capacità superiore a 50 metri cubi detenuti per conto di raffineria, impianto petrolchimico o deposito fiscale soprasoglia mediante contratti pluriennali di deposito, il cui stoccaggio risponde ad esigenze operative e funzionali di tali ultimi impianti. Ciò, secondo le Dogane, in considerazione del ruolo rivestito dai menzionati depositi, oggetto di distinta previsione nel precedente regime, quali basi logistiche primarie per l’efficienza della rete distributiva.

Prevenire l’illegalità

Ferma restando la giusta finalità di combattere l’illegalità attraverso una regolamentazione più restrittiva per i depositi commerciali in regime di deposito fiscale, così come da indicazioni anche comunitarie citate in premessa (articolo 16 della Direttiva Comunitaria 2008/118/CEE, del 16 febbraio 2008) e richiamate nella circolare, una riflessione va fatta proprio con riferimento ai depositi commerciali autorizzati quali depositi fiscali secondo il precedente ed ora ricadenti nella sfera di operatività del comma 4 del riformulato articolo 23.

Si pensi a quanto incide l’applicazione della nuova disciplina comunque sugliimpianti con capacità inferiore ai 10.000 metri cubied alla necessità per questi ultimi di adeguarsi alle introdotte condizioni, anche per gli imprenditori che nulla hanno a che vedere con l’illegalità e che possono avere difficoltà ad un adeguamento con una norma di fatto con effetto retrattivo ed in deroga alprincipio di legittimo affidamento.

Tale riflessione può trovare soluzione, considerando l’indicazione comunitaria (”L’apertura e l’esercizio di un deposito fiscale da parte di un depositario autorizzato sono subordinati all’autorizzazione delle autorità competenti dello Stato membro in cui è situato il deposito fiscale. Tale autorizzazione è soggetta alle condizioni che le autorità hanno il diritto di stabilire per impedire ogni possibile evasione o abuso”) quale possibilità di una permanente espressa possibilità di adeguamento della norma alle esigenze di impedire, appunto, ogni possibile evasione o cattivo uso di tale tipologia di operatività.

In considerazione del fatto che anche i vincoli riguardanti la sfera soggettiva sono previsti a tutela dell’interesse fiscale e “da filtro” per individuare operatori orientati ad attività illegale, il Testo Unico Accise, nella nuova stesura dell’articolo 23, modificato dalla legge dell’11 dicembre 2016, in materia di depositi fiscali di prodotti energetici, ai commi da 6 a 11, ha disposto condizioni anche in merito ai requisiti soggettivi che l’imprenditore deve possedere per poter gestire un deposito autorizzato.

Condizioni per l’autorizzazione

Sostanzialmente, la mancanza o la perdita di tali requisiti comporta, rispettivamente, il diniego della richiesta di autorizzazione (per i depositi commerciali) o di licenza di esercizio (per gli stabilimenti di produzione), di sospensione dell’istruttoria per il loro rilascio, di sospensione o di revoca del provvedimento autorizzativo emesso.

La circolare ha fornito chiarimenti sul testo normativo evidenziando, così come disposta dalla norma, che il soggetto richiedente l’apertura di un deposito fiscale deve dichiarare di:

• non aver subìto, nel quinquennio antecedente la richiesta, condanne definitive per reati di natura tributaria, finanziaria e fallimentare nonché per determinati delitti non colposi (delitti contro la P.A., l’ordine pubblico, la fede pubblica, l’economia pubblica, l’industria e il commercio, e contro il patrimonio) puniti con la reclusione;

• non essere sottoposto a procedure concorsuali o non averne definite nell’ultimo quinquennio;

• non aver commesso violazioni gravi e ripetute, per natura od entità, alle disposizioni in materia di accisa, IVA e tributi doganali, per le quali siano state contestate sanzioni amministrative nell’ultimo quinquennio.

Sostanzialmente, da un lato, si parla di condanna definitiva per reati di natura tributaria, finanziaria e fallimentare (dunque non rientrano eventuali processi pendenti, ma solo quelli per cui si è avuta una condanna definitiva); dall’altro, va dichiarato di non aver commesso violazioni gravi e ripetute per natura od entità alle disposizioni in materia di accisa, IVA e tributi doganali,per le quali siano state contestate sanzioni amministrative nell’ultimo quinquennio.

Sembrerebbe che, mentre non rilevi un processo penale in corso che ben potrebbe derivare da presunte violazioni fiscali, rilevano invece violazioni della stessa natura oggetto di contestate sanzioni amministrative.

Più dettagliatamente, il comma 6 dell’articolo 23, stabilisce che l’autorizzazione finalizzata alla gestione “in regime di deposito fiscale” di cui ai commi 3 e 4 dell’articolo 23 ènegata:

• ai soggetti nei cui confronti, nel quinquennio antecedente la richiesta, sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna ovvero sentenza sentenza definitiva di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del c.p.p., per reati di natura tributaria, finanziaria e fallimentare e per i delitti non colposi contro la Pubblica Amministrazione, contro l’ordine pubblico, contro la fede pubblica, contro l’economia pubblica e contro il patrimonio, per i quali sia prevista la pena della reclusione;

• ai soggetti nei confronti dei quali siano in corso procedure concorsuali o siano state definite nell’ultimo quinquennio;

• ai soggetti che abbiano commesso violazioni gravi e ripetute, per loro natura od entità, alle disposizioni che disciplinano l’accisa,l’imposta sul valore aggiunto e i tributi doganali, in relazione alle quali sono state contestate sanzioni amministrative nell’ultimo quinquennio.

L’istruttoriaper il rilascio della autorizzazione per la gestione di deposito fiscale, èsospesafino al passaggio in giudicato della sentenza conclusiva del procedimento penale, nel caso in cui

• nei confronti del soggetto istante,sia stato emesso decreto che dispone il giudizio per uno dei reati indicati nel comma 6 ed innanzi riportati.

Sospensione dell’autorizzazione

L’autorizzazione per la gestione in regime di deposito fiscale puo’ esseresospesadall’Autorità giudiziaria, anche su richiesta della Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, nei confronti del depositario autorizzato:

• nel caso in cui nei confronti dello stesso sia stato emesso decreto che dispone il giudizio per reati di natura tributaria, finanziaria e fallimentare.

Si evidenzia la discrezionalità del provvedimento da parte dell’Autorità giudiziaria rispetto alla richiesta dell’Agenzia delle Dogane.

L‘autorizzazioneè invece in ogni casosospesadall’Agenzia delle Dogane laddove nei confronti del depositario autorizzato:

• venga pronunciata sentenza di condanna non definitiva con applicazione della pena della reclusione, per reati di natura tributaria,finanziaria e fallimentare. Ovviamente, il provvedimento di sospensione ha effetto fino alla emissione della sentenza irrevocabile.

La stessaautorizzazioneèrevocataai soggetti nei cui confronti:

• è stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna ovvero sentenza definitiva di applicazione della pena su richiesta, per reati di natura tributaria, finanziaria e fallimentare, per i quali sia prevista la pena della reclusione.

Lalicenzaper per l’esercizio di deposito fiscale per le raffinerie, gli altri stabilimenti di produzione, gli impianti petrolchimici, ènegata, sospesa e revocata, allorchè ricorrano rispettivamente le condizioni richiamate per identici provvedimenti previsti per la gestione in regime di deposito fiscale.

La circolare chiarisce che trovano applicazione per gli esercenti di tutte le tipologie di depositi fiscali di prodotti energetici configurate, siano essi di nuova istituzione che operanti in virtù del regime previgente, le cause di revoca dell’autorizzazione o della licenza (per gli stabilimenti di produzione) previste dai commi 9 e 10 dell’articolo 23.

Rilascio dell’autorizzazione

L’ultima parte della circolare si sofferma sul procedimento di rilascio della autorizzazione ad istituire un deposito fiscale.

Tale istanza deve contenere tutte le informazioni utili a provare il possesso dei prescritti requisiti, soggettivi ed oggettivi nonché la dichiarazione, da parte dell’esercente, se risultano a proprio carico condanne penali o se sia stato sottoposto ad applicazione di pena indicando, in caso affermativo, gli articoli di legge per cui sono state pronunciate.

Nella istanza va allegata ogni documentazione comprovante le effettive necessità operative e di approvvigionamento all’impianto.

In considerazione del contenuto innovativo apportato dalle modifiche all’articolo 23 del T.U.A., al fine di garantire indirizzi applicativi uniformi su tutto il territorio nazionale, per i procedimenti per i quali emerge maggiore complessità avviati su richiesta di autorizzazione ad istituire deposito fiscale sottosoglia e su richiesta di rilascio licenza di esercizio di deposito fiscale per stabilimenti di produzione ex articolo 23, comma 1, lettera a, avente ridotta capacità di lavorazione, si dispone che l’Ufficio delle Dogane acquisisca il parere della Direzione Centrale.

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