Frodi carburanti, osservazioni sulla presunzione di società cartiera

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Avv. Bonaventura Sorrentino

Studio legale e tributario Sorrentino Pasca Toma

Le riflessioni di Bonaventura Sorrentino

L’assenza di un concreto ruolo economico e l’inadeguatezza della dotazione di mezzi e risorse umane e finanziarie tra gli indizi. L’analisi di Bonaventura Sorrentino dlelo studio legale e tributario Sorrentino Pasca Toma.

In sede di verifica uno degli elementi che vengono ritenuti indicativi di una attività di cartiera del cedente partecipe nella filiera fraudolenta è, oltre alla assenza di un concreto ruolo economico, la inadeguatezza della dotazione di mezzi, risorse umane e finanziarie che dovrebbe indurre il cessionario a ritenere di essere coinvolto in un meccanismo di frode.

La Corte di Giustizia, con sentenza C-277/14 del 22 ottobre 2015, ha chiarito, in merito alla questione degli elementi che possono far ritenere la natura di “cartiera”, che “(…) Per quanto riguarda la Finnet (società ritenuta, nel caso di specie, cartiera, ndr) una tale attività economica non sembra esclusa in considerazione delle circostanze relative alle cessioni di carburante in questione nel procedimento principale. Tale conclusione non è messa in discussione dalla circostanza, rilevata dal giudice del rinvio, in base alla quale lo stato fatiscente dell’immobile in cui si situa la sede sociale della Finnet (società fornitrice ritenuta cartiera, ndr) non permetteva alcuna attività economica, poiché una tale constatazione non esclude che tale attività potesse essere svolta in altri luoghi diversi dalla sede sociale. Segnatamente quando l’attività economica in questione consiste nella cessione di beni effettuati nell’ambito di varie vendite successive, il primo acquirente e rivenditore di tali beni può limitarsi a dare ordine al primo venditore di trasportare i beni in questione direttamente al secondo acquirente …, senza che disponga egli stesso necessariamente dei mezzi di stoccaggio e di trasporto indispensabili per effettuare la cessione dei beni in questione”, evidenziando in tal modo l’irrilevanza probatoria della mancanza dei beni strumentali nell’esercizio dell’attività di commercializzazioni di carburanti.

D’altro canto, già nelle sentenze del 6 dicembre 2012, C- 285/11 e del 31 gennaio 2013, C-642/11, la Corte di Giustizia aveva stabilito che la buona fede dell’operatore è presunta, affermando che:

a) spetta all’Amministrazione Finanziaria dimostrare che il soggetto passivo era o avrebbe dovuto essere a conoscenza dell’esistenza di un’evasione;

b) gli elementi di prova devono essere obiettivi e non possono ricondursi a connotazioni circa lo stato soggettivo del soggetto che fattura l’operazione (non disponibilità di magazzini o di personale sufficientemente adeguato); tali circostanze, afferenti ad elementi soggettivi del fornitore non configurano, secondo la Corte di Giustizia richiamata, elementi obiettivi di prova.

Sostanzialmente la Corte, ai fini della valutazione circa la sussistenza di una fattispecie di frode, non considera elementi rilevanti le connotazioni che riguardano lo stato soggettivo e nello specifico il non disporre di magazzini o di depositi.

Una interpretazione più restrittiva viene data dalla Cassazione nella sentenza n. 30148 del 15 dicembre 2017, nella quale viene statuito che “(…) Sulla scorta della pronuncia C-277/14, questa Corte ha affermato che in alcuni casi << l’onere probatorio dell’amministrazione finisce con l’appesantirsi, in quanto, di norma, non è possibile esigere che il cessionario/committente, al fine di assicurarsi che non sussistano irregolarità o evasioni nella catena delle cessioni, verifichi che l’emittente della fattura correlata ai beni e ai servizi ne disponesse e fosse in grado di fornirli e che abbia soddisfatto i propri obblighi di dichiarazione e di pagamento dell’IVA, o che disponga dei relativi documenti >> … rimarcando che, tuttavia, continua a prospettarsi un obbligo di verifica in capo al cessionario/committente a fronte di indizi che gli consentano di sospettare l’esistenza appunto di irregolarità o di evasione; indizi, che devono essere allegati e provati dall’amministrazione in base ad elementi oggettivi, anche presuntivi (…). Sotto questo aspetto, in via esemplificativa, era stata già esplicitamente affermata la possibilità di valorizzare nel quadro probatorio, anche indiziario, che deve essere fornito dall’Amministrazione anche in merito alla presumibile assenza di buona fede del cessionario o committente:

a) la circostanza che la prestazione non sia stata effettivamente resa dal fatturante, perché sfornito della, sia pur minima, dotazione personale e strumentale adeguata alla sua esecuzione (…);

b) l’immediatezza dei rapporti (cedente/prestatore – fatturante interposto e cessionario/committente) – a fronte di una conclamata inidoneità allo svolgimento dell’attività economica e ad una non corrispondenza tra i cedenti e la società coinvolta nell’operazione (…);

c) l’instaurazione di rapporti diretti tra il cedente/prestatore effettivo interponente ed il cessionario/committente. (…)”.

È evidente la discrepanza di posizione laddove la Cassazione da un peso rilevante alla presunzione che la prestazione non sia stata effettivamente resa dal fatturante, perché sfornito della, sia pur minima, dotazione personale e strumentale adeguata alla sua esecuzione.

Sostanzialmente la partita si gioca su quella che viene definita “ sia pur minima dotazione “ necessaria per l’esecuzione della prestazione.

Condizione che va valutata di volta in volta in sede contenziosa e che va supportata da elementi oggettivi costruiti da chi si contrappone ad una presunzione spesso forzata.

Interpretazioni di merito sono state date anche di recente da Commissioni tributarie regionali (Commissione tributaria regionale Lombardia sentenze n. 469/2018 e 738/2018), ma i riferimenti cardine non possono che essere le supreme Corti Europea e Nazionale.

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