Le maxi frodi fiscali nel calderone delle norme su responsabilità amministrativa e sistemi di tutela

L’analisi del Dlgs appena approvato dal Governo, a cura di Bonaventura Sorrentino e Roberta Toma

Attuata in via definitiva la Direttiva UE per la lotta alle frodi con modifiche ai reati tributari e alla responsabilità amministrativa degli enti.

Nella seduta del 6 luglio scorso, il Consiglio dei ministri ha approvato, in esame definitivo, il decreto legislativo di attuazione della direttiva 2017/1371, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale (cosiddetta Direttiva Pif), completando l’iter iniziato dal decreto fiscale 26 ottobre 2019 n. 124 che recava “Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili” e che aveva disposto importanti modifiche legislative finalizzate alla prevenzione e repressione dell’evasione fiscale.

Tali innovazioni si erano rese necessarie anche in seguito all’approvazione della legge di delegazione europea del 4 ottobre 2019, n. 117, che all’art. 3 aveva fissato i principi guida per la tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea mediante l’inasprimento delle sanzioni penali e la previsione di nuove fattispecie sanzionatorie penali e amministrative nei confronti delle persone fisiche e giuridiche responsabili delle condotte lesive degli interessi finanziari dell’Unione, considerate dalla Direttiva 2017/1371.

L’ordinamento italiano si è, dunque, da questo punto di vista, completamente uniformato alle indicazioni della legislazione unitaria con una serie di aggiustamenti, alcuni di grande impatto, altri di minor rilievo. Quello che si può rilevare è, però, che, ancora una volta il settore petrolifero è tra quelli da ritenersi maggiormente coinvolti dalle modifiche introdotte.

Le nuove disposizioni, infatti, come noto, sono volte principalmente alla repressione del fenomeno della circolazione illegale dei beni e dell’evasione Iva per il tramite delle frodi carosello e dell’emissione di fatture inesistenti che danneggiano in maniera rilevante anche gli interessi europei e che affliggono pesantemente il mercato dei prodotti petroliferi.

Analizzando specificamente le novità di maggiore interesse del testo normativo, si può rilevare la possibilità, introdotta all’art. 6 del Dlgs n. 74 del 2000, di punire a titolo di tentativo i reati tributari di dichiarazione fraudolenta e dichiarazione infedele previsti dagli articoli 2, 3 e 4; ipotesi, questa, che fino ad ora non ricorreva poiché tutti gli atti predisposti al fine di commettere uno di questi reati non potevano essere perseguiti e puniti dall’autorità giudiziaria.

In ossequio alle richieste dell’Unione europea di tutelarne gli interessi finanziari, attualmente il nostro ordinamento dovrà punire il tentativo di questi reati se compiuti anche nel territorio di altro Stato membro dell’Unione europea e se finalizzati ad evadere l’Iva per un valore complessivo non inferiore a dieci milioni di euro.

Certo la dizione “se siano compiuti anche nel territorio di altro Stato membro”, formulata relativamente ai reati che riguardano le dichiarazioni fiscali, non è molto chiara e di semplice applicazione ma non ci si può certo illudere che l’interpretazione che riceverà da parte degli organi inquirenti sarà di favore per gli imprenditori.

Le modifiche apportate al Dlgs n. 231 del 2001, inoltre, hanno nuovamente ampliato la responsabilità delle imprese poiché al novero dei reati da cui discende la responsabilità amministrativa degli enti sono stati aggiunti, mediante la modifica dell’art. 25-quinquiesdecies, i reati previsti dagli articoli 4, 5 e 10 quater del Dlgs n. 74/2000, quindi, rispettivamente, la dichiarazione infedele, l’omessa dichiarazione e l’indebita compensazione.

Tali condotte, che si vanno ad aggiungere ai reati già previsti, tra cui quelli di dichiarazione fraudolenta e fatturazione o emissione di documenti per operazioni inesistenti, daranno luogo a responsabilità amministrativa dell’ente se saranno commessi “nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri e al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto per un importo complessivo non inferiore a dieci milioni di euro”.

La sola prospettazione di uno di questi reati nell’ambito di un’indagine relativa ad una frode carosello, dunque, porterà alla contestazione del relativo illecito anche agli enti cui fanno capo gli indagati, con i pesanti provvedimenti cautelari e le gravose sanzioni che ne potranno conseguire.

È diventato necessario, dunque, per tutti gli operatori del settore petrolifero non solo adottare procedure virtuose di controllo delle modalità di circolazione del prodotto che utilizzano ma anche predisporre il modello di organizzazione, gestione e controllo previsto dalla normativa vigente ai fini dell’esclusione della responsabilità dell’ente.

Inoltre, la nomina dell’organismo di vigilanza renderà più agevole l’assolvimento degli adempimenti conseguenti, poiché assicurerà agli imprenditori un efficace controllo sull’adozione del modello e sull’adeguamento alle procedure ivi previste. Ricordiamo, inoltre, per concludere, che tali accorgimenti sono gli unici che consentono di evitare efficacemente il coinvolgimento non voluto nelle frodi organizzate da chi opera nell’illegalità e che evitano l’applicazione delle sanzioni amministrative che possono causare un impatto irreversibile sulla vita delle imprese.