Robin Tax, gli spazi di manovra per eventuali ricorsi

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Robin Tax, gli spazi di manovra per eventuali ricorsi

L’esperto risponde

Pubblichiamo una nuova puntata della rubrica “L’esperto risponde”. È possibile inviare domande su questioni di fiscalità, ambiente, fonti rinnovabili, accise, nuove normative e disposizioni amministrative all’indirizzo e-mail staffetta@staffettaonline.it. Risponde l’avvocato Bonaventura Sorrentino.

Quesito:

Dopo la sentenza del 9 febbraio della Corte Costituzionale che ha sancito l’illegittimità costituzionale della Robin Tax a decorrere però dal giorno successivo alla pubblicazione sulla G.U. cioè dal 12 febbraio, sono molte le zone d’ombra lasciate dal suo dispositivo che ruotano tutte sulla possibilità di ricorrere per ottenere il rimborso del maltolto. Domande che si pongono molti operatori (v. Staffetta 25/02) e che lasciano prevedere una lunga coda di contenziosi (v. Staffetta 03/03). Come ci si deve comportare? C’è spazio per fare ricorso? Che possibilità c’è di avere giustizia?

Risposta:

Mi sembra del tutto evidente che la sentenza della Consulta in materia di Robin Tax, per la decorrenza della sua efficacia, lasci ampi spazi di discussione con riferimento, ad esempio, a taluni contenziosi pendenti.

La questione riguarda il nesso esplicitato in sentenza quale causa di irretroattività, o meglio, motivo di irretroattività.

In buona sostanza la irretroattività della norma in materia di maggiorazione dell’IRES, ritenuta costituzionalmente illegittima, deriva, per quanto esplicitato in sentenza, dall’impatto che tale pronuncia determina su altri principi costituzionali.

La sentenza richiama il potere della Corte di regolare gli effetti delle proprie decisioni ed i relativi limiti; ritenendo pacifica, come regola di principio, l’efficacia retroattiva delle pronunce di illegittimità costituzionale, seppure con dei limiti.

Sicuramente l’efficacia delle sentenze di accoglimento non retroagisce, secondo la Corte Costituzionale, fino al punto di travolgere le situazioni giuridiche comunque ritenute irrevocabili; certamente il principio della retroattività vale soltanto per i rapporti pendenti, con conseguente esclusione di quelli esauriti, i quali rimangono regolati dalla legge dichiarata invalida, nel rispetto del principio della certezza del diritto.

Inoltre le esigenze di un ragionevole bilanciamento tra i diritti costituzionalmente garantiti determinano la scelta della tecnica decisoria usata dalla Corte, ad esempio, come nel caso che ci riguarda, limitando gli effetti della declaratoria di illegittimità costituzionale sul piano del tempo di efficacia.

La sentenza n.10/2015 stabilisce infatti che l’applicazione retroattiva della declaratoria di illegittimità costituzionale determinerebbe una grave violazione dell’equilibrio di bilancio, previsto dall’art. 81 della Costituzione e di sostenibilità del debito pubblico.

Sostanzialmente l’impatto macro economico delle restituzioni dei versamenti tributari, connesse alla dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art.81, commi 16, 17 e 18, del d.l. n. 112 del 2008 e successive modificazioni, determinerebbe, a parere della Consulta, uno squilibrio del bilancio dello Stato di entità tale da implicare la necessità di una manovra finanziaria aggiuntiva, anche per non venir meno al rispetto dei parametri cui l’Italia si è obbligata in sede di Unione Europea ed internazionale.

Fatta questa breve premessa risulta evidente la motivazione della irretroattività della norma più favorevole al contribuente.

Allora ci si chiede se la “esplicitata perimetrazione” delle condizioni che giustificano la irretroattività possa voler dire, a contrariis, che la sentenza potrebbe invece avere una incidenza retroattiva qualora tale retroattività, non comporti oneri finanziari e gravame allo Stato ed ancor più qualora possa ritenersi sostenibile e rispettoso dell’equilibrio del bilancio dello Stato.

Esemplificativamente, veniva fatto divieto agli operatori economici dei settori coinvolti di traslare l’onere della maggiorazione di imposta sui prezzi al consumo ed in tal senso l’Autorità per l’Energia elettrica ed il gas era tenuta a vigilare sulla puntuale osservanza della disposizione ed a richiedere informazioni ai contribuenti coinvolti, quale obbligo sanzionato.

Dunque cosa accade con riferimento ai procedimenti sanzionatori che hanno inciso sul cedente, pur derivando da una norma incostituzionale, ad esempio con riferimento agli obblighi disattesi di fornire all’Autorità le informazioni richieste per il monitoraggio sul presunto ribaltamento vietato dalla legge? Ci lascia perplessi la nota di mercoledì dell’Autorità per l’Energia, secondo la quale le aziende assoggettate alla vigilanza sul divieto di traslazione non sono più obbligate a trasmettere all’Autorità per l’Energia i dati contabili relativi al 2014, mentre resterebbero validi gli obblighi relativi agli esercizi precedenti e dunque i procedimenti sanzionatori pendenti. Potrebbe esserci quindi spazio per una specifica questione.

Cosi come ci si chiede cosa accade, con riferimento al contenzioso pendente riguardante la maggiore imposta in questione, per le ipotesi in cui lo stesso non dovesse incidere, per il suo precipuo contenuto, sul bilancio dello Stato e non alterare le disponibilità economiche a svantaggio di alcuni contribuenti ed a vantaggio di altri.

La questione in sintesi inerisce il nesso esplicitato in sentenza, quale principale causa di irretroattività della efficacia della sentenza.

Dunque si potrebbe questionare, nelle sedi opportune, se ad ogni iniziativa giuridica del contribuente in materia di Robin tax, andata a buon fine, che non incide sul bilancio dello Stato in misura rilevante né crea forme di disparità, possa essere riconosciuta efficacia retroattiva.

Noi riteniamo potrebbe forse essere sostenibile, caso per caso, una tesi di tutela, chiaramente frutto di una ben più articolata disamina ed analisi del dettame della Consulta. Proprio l’esplicitazione che motiva la irretroattività della sentenza potrebbe forse essere anche, in taluni casi, uno spazio consentito della stessa in termini di tutela dei diritti del contribuente.

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