Rete carburanti, il contratto di commissione con una cooperativa o società

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Rete carburanti, il contratto di commissione con una cooperativa o società

L’esperto risponde

Pubblichiamo una nuova puntata della rubrica “L’esperto risponde”. È possibile inviare domande su questioni di fiscalità, ambiente, fonti rinnovabili, accise, nuove normative e disposizioni amministrative all’indirizzo e-mail staffetta@staffettaonline.it. Risponde l’avvocato Bonaventura Sorrentino.

Quesito:

Un piccolo retista chiede chiarimenti sul nuovo contratto di commissione per distributore carburanti, in particolare sulla possibilità che i dipendenti costituiscano una cooperativa di servizi oppure una società. È legalmente possibile – chiede – fare un contratto di commissione con la società o cooperativa?

Risposta:

Ci viene chiesto da un retista (c.d. indipendente), titolare del punto vendita di cui dispone, se, tenendo conto del contenuto del “contratto di commissione “ previsto per i retisti, sia consentito, per la funzionalità dell’impianto, servirsi di tale tipologia negoziale nel rapporto, ipotizzato, con una cooperativa di servizi oppure con una società i cui soci, in entrambi i casi, sarebbero gli attuali dipendenti. Diamo per scontato che il richiedente abbia già esaminato ed escluso per le loro peculiarita con riferimento agli oneri ed obblighi delle parti contraenti altre ipotesi contrattuali teoricamente applicabili (ad esempio affitto di azienda), che ovviamente avrebbe una differente regolamentazioni ed efficacia. Nel caso di specie, la peculiarità della struttura si sostanzia in una forza lavoro complessiva di sette persone, di cui tre ai rifornimenti GPL e metano, due alla cassa e due addetti alla parte amministrativa e finanziaria. Talune tipologie di rifornimento sono invece completamente self; inoltre il sistema di “pagamento e resti in carta moneta” nella ipotesi delineata, avverrebbe utilizzando apposite attrezzature. Il quesito sottopostoci è di estremo interesse e ne parleremo più diffusamente in uno dei prossimi “seminari brevi “, organizzati dal nostro Studio nei prossimi mesi, rientrando la questione nelle ipotesi che possono derivare dai recenti cambiamenti della rete di distribuzione e di riorganizzazione aziendale per gli imprenditori appartenenti appunto al settore petrolifero. Va comunque, preliminarmente, chiarito che, per poter dare una risposta ad un quesito di questo tipo, senza il rischio di suggerire ipotesi che, per le più disparate ragioni, potrebbero risultare di problematica concreta applicazione, sarebbe necessario fare, assieme al richiedente, una serie di verifiche, tenendo conto della propria situazione aziendale e soprattutto definire una serie di cautele atte a scongiurare legittimamente ad esempio ipotesi non consentite dalla normativa lavoristica in materia di cooperative.

Dunque mi limiterò in questa sede a considerazioni di principio, senza dunque considerarle ogni caso applicabili,partendo dall’ipotesi di utilizzo di una società cooperativa.

Diciamo sussistono una serie di problematiche (che vanno dal rischio di presunzione di intermediazione di mano d’opera a forme di presunte elusioni degli obblighi previdenziali) che richiedono necessariamente cautele e verifiche per un uso legittimo della cooperativa e dunque vanno esaminate distintamente le motivazioni che indurrebbero alla scelta e seguite nei dettagli le fasi di costituzione ed operatività della cooperativa; che, innanzitutto, non deve consentire di presumere una assenza di “autonoma imprenditorialità” della stessa, avulsa dal rapporto con il committente.

Sostanzialmente ci sono una serie di elementi che, secondo una giurisprudenza consolidata, sono appunto indice di una imprenditorialità “necessaria” che può anche prescindere dal fatto di prestare servizi, come nel caso di specie, ad un’unica impresa (ad esempio essere titolari e/o proprietari dei beni strumentali necessari per svolgere la propria attività statutaria ed istituzionale; una situazione di reale crisi aziendale, laddove a fronte di ipotesi di licenziamenti, venga praticata dai dipendenti l’attività in forma di cooperativa anche nei confronti del precedente datore di lavoro, acquistando od essendo titolari dei beni strumentali e con autonomia imprenditoriale nella gestione). Va altresì considerata l’attività propria tipicamente delle cooperative di servizio, che per taluni aspetti potrebbe non attagliarsi completamente alle esigenze del caso. Con riferimento alla possibilità di stipulare un contratto di commissione con una società “terza”, i cui soci sarebbero gli attuali dipendenti, alla luce del contratto di commissione vigente, va preliminarmente chiarito che il contratto di commissione (per cui la società agirebbe per conto del committente) prevede una serie di obblighi, oneri e diritti, sia in capo al committente che al commissionario, oltre che la titolarità, in capo al commissionario, della licenza fiscale e di ogni autorizzazione amministrativa necessaria. Va in ogni caso tenuto in particolare conto nella fattispecie della incidenza delle politiche commerciali riconosciute al commissionario e la gestione diretta degli aspetti finanziari seppure con obbligo di rimessione.

Un altro aspetto da considerare riguarda l’originario rapporto di fiducia con i soci della costituenda società (intuitus personae) che ben potrebbero nel tempo cambiare senza il gradimento del committente. Anche tale problematica andrebbe valutata nel dettaglio, ritenendo possano esserci ipotesi di soluzione. Sostanzialmente nel rispetto del contenuto del contratto di commissione, così come formalizzato per i retisti, non si ritiene sussistano remore per un suo utilizzo al caso di specie, ferme restando le considerazioni di verifica potenzialmente limitative di cui in premessa.

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