Rete carburanti, come e perché aggregarsi

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La realtà “polverizzata” dei retisti deve sempre più fare i conti con l’esigenza di unirsi, crescere, aggregarsi. In un mercato come quello dei carburanti in cui la “ritirata” delle compagnie dall’ultimo anello richiede sempre più una “supplenza” degli indipendenti. Le riflessioni dell’avvocato Bonaventura Sorrentino dello studio legale e tributario Sorrentino Pasca Toma.

Le ragioni imprenditoriali che potrebbero indurre a forme di aggregazione tra imprese nel settore petrolifero sono le stesse che valgono per gli altri settori; la peculiarità ulteriormente incentivante è che nel settore a cui ci riferiamo si è in presenza di un “fenomeno” di proliferazione di nuovi retisti e dunque di un mercato che si compone di marchi principali e di marchi minori e della “grande rete bianca”; un mercato che rappresenta una “nuova” e vasta realtà imprenditoriale fatta di aziende con diverse identità, diversi pesi patrimoniali ed economici, diverse potenzialità strategiche, diversi orientamenti negli spazi di mercato, in un ambito che va dai “nuovi” entrati, che acquistano dalle Compagnie le reti conservando i marchi ,fino ai piccoli indipendenti.

Questa situazione ha caratteristiche che suggeriscono ancor più ad una imprenditoria attenta ed al passo con i tempi di sfruttare le opportunità dettate proprio dalle nuove contingenze, di un maggiore uso di strumenti di aggregazione tra imprese; tutto ciò finalizzato oltre che ad evitare il rischio di una ulteriore lesiva frammentazione del mercato petrolifero, anche a realizzare posizioni di equilibrio all’interno dello stesso.

È una opportunità ma bisogna comunque partire da una considerazione di premessa essenziale: per realizzare ogni forma valida di aggregazione, nell’ambito di un settore come quello petrolifero, non basta la volontà delle parti di volersi aggregare nella consapevolezza di un interesse a farlo. Occorre che tutto il sistema di riferimento sia disposto a sostenere le diverse forme di aggregazione.

Questo è uno sforzo da fare: creare le condizioni di favore all’interno di un settore che si caratterizza per le eterogenee forze economiche che lo compongono.

Va inoltre ricordato che la realtà imprenditoriale italiana, a cui non fa certo eccezione il settore dei carburanti, si compone prevalentemente di piccole e medie imprese che solitamente hanno una “radice aziendale di tipo familiare” o comunque facente capo ad iniziative imprenditoriali individuali e, per molti anni, ma ancora oggi largamente, la gestione delle aziende è caratterizzata da un attaccamento quasi sentimentale dell’imprenditore alla propria azienda.

Tutto ciò ha spesso reso difficile accettare formule di aggregazione con altri imprenditori. Formule che ovviamente impongono: vincoli comportamentali, controlli finalizzati a logiche di sinergia ,una politica di marchio e così via.

Situazioni che sono state sempre considerate quasi una “interferenza” ed un “limite” ad un potere decisionale senza condizionamenti. Una strategia imprenditoriale inadeguata ai tempi e in un contesto europeo globalizzato, un modo provinciale di fare impresa.

Non può dubitarsi che oggi, in un mercato come quello petrolifero, diversificato nei protagonisti e nelle tipologie di in forte evoluzione, se si vuole avere un reale potere contrattuale ed un peso “considerato” sul mercato, ancor più di sempre, occorre individuare la formula o la forma di aggregazione più idonea alle singole esigenze per poter competere fruttuosamente nel contesto economico globale.

Il contenuto di questo mio breve scritto non riguarda le “forme di aggregazione” utilizzate e dunque conosciute (a dire il vero poche e atipiche, note anche nella loro operatività), ma si limita in maniera succinta e provocatoria a delineare alcune ipotesi ulteriori che si ritengono per taluni aspetti utilizzabili e su cui vale la pena riflettere.

Chi partecipa alla rete si dovrebbe aspettare, principalmente, un supporto “globale” di assistenza, “partorito” all’interno della aggregazione ma “orientato” anche all’esterno, con un approccio più qualitativo che quantitativo e rivolto tipicamente: a una politica unitaria di marketing più incisiva per i partecipanti; a fornire servizi di automazione e remotizzazione; all’abbattimento di taluni costi fissi di gestione; ad ottenere migliori condizioni negli approvvigionamenti e nelle forniture di prodotto e servizi (con una politica orientata ai volumi) in un settore dove la politica del prezzo e sicuramente poco omogenea; ad ottenere una maggiore considerazioni nell’accesso al credito; così come a fare da scudo, attenuandola, alla infiltrazione dilagante dei sistemi di frodi fiscali nel settore, che lasciano spazio ed “istigano” gli indipendenti ad orientarsi al di fuori da una politica aggregante negli acquisti.

Una ipotesi concreta che non è affatto un aspetto da sottovalutare in una strategia di aggregazione, anzi potrebbe essere un fattore determinante del suo successo.

La politica dei prezzi in una realtà aggregata potrebbe infatti disincentivare, visti i rischi, ogni applicazione ed interesse ad un prodotto oggetto di frodi e venduto con un margine di costo fuori mercato.

È intuibile che, con l’evolversi nel tempo di una buona politica di aggregazione nel settore, quest’ultimo possa lentamente orientarsi come avviene in altri settori in espansione, anche a “forme di aggregazione” miranti ad un consolidamento patrimoniale, utilizzando operazioni straordinarie quali fusioni tra reti, conferimenti di rami, oppure “scissioni” per department (ad esempio del settore non oil), in presenza di esigenze in capo alla compagine sociale, fino ad ipotizzare accentramenti quali Holding che potremmo definire di direzione e di coordinamento oltre che di indirizzo su un mercato più ampio.

I modelli di aggregazione che potrebbero essere di riferimento, chiaramente adeguandoli alle esigenze degli operatori del settore, prendono piede dal modello di “rete tra imprenditori” normativamente regolamentato, ossia dal “contratto di rete tra imprese”, che ha delle caratteristiche proprie e che maggiormente si attaglia alle esigenze degli operatori del settore.

È la forma più elastica ed efficiente di aggregazione, introdotto dalla legge del 9 aprile 2009 n. 33, laddove i punti essenziali di compatibilità con le reti carburanti sono ravvisabili nello scopo di accrescere la reciproca capacità innovativa e la competitività sul mercato.

Un altro fattore importante è il mantenimento, garantito in tale forma di accordo, della indipendenza e della identità delle singole imprese partecipanti alla rete; così come il miglioramento della dimensione della azienda per poter competere sui mercati. Va detto che la “caratteristica più importante” di tale tipologia di aggregazione è l’approccio graduale ad un possibile rafforzamento nel tempo della aggregazione partendo da dunque un contratto di rete per passare a una società dotata di personalità giuridica fino a veri e propri processi di aggregazione permanente con la Istituzione di un fondo e dunque un regime di autonomia patrimoniale con una soggettività tributaria propria con possibili margini di strategia fiscale (ad esempio sui costi di ricerca e sviluppo, sulla sospensione di imposta per i conferimenti di una parte degli utili nel fondo patrimoniale comune di rete per gli investimenti previsti nel programma di rete).

Una seconda forma di aggregazione ipotizzabile sono le forme consortili; solitamente quando se ne è parlato gli operatori del settore si sono sempre riferiti ai cosiddetti consorzi di acquisto, ma è un discorso limitante.

L’ipotesi dei Contratti di impresa come dei Consorzi potrebbero essere una fase propedeutica di aggregazione orientate ad una successiva forma permanente di rafforzamento patrimoniale tra operatori, che si sostanzia in operazioni di fusioni tra imprese per motivi commerciali quali un migliore utilizzo e sfruttamento degli impianti e delle attrezzature, un incremento ed integrazione delle capacità dei diversi impianti; per motivi logistici, la ottimizzazione del processo distributivo, la compensazione di eventuali squilibri esistenti nelle strutture delle imprese che procedono alla fusione.

Particolare attenzione, da ultimo, merita l’ipotesi di una holding che racchiuda e faccia da “cassaforte” a strategie comuni di ampia portata, compresa quella di orientamento ed attenzione al mercato.

Credo che su tutto ciò gli imprenditori del settore possano riflettere.

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